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giovedì 6 giugno 2019

OSSERVATORIO GIUGNO 2019

L'OSSERVATORIO “Chi troppo in alto sal cade sovente precipitevolissimevolmente”; questo famoso detto, preso da una commedia in versi del '600, credo si attanagli alla perfezione al momento drammatico che stan vivendo i Cinquestelle e Giggino Di Maio, appena “salvato” dal voto sulla piattaforma Rousseau, utilizzata da “ben” 56.000 persone (un record mondiale dicono!). Questa ennesima farsa on line (come definirla diversamente dopo che Grillo e Casaleggio hanno sapientemente indirizzato il voto con i loro “endorsement”, su una piattaforma peraltro piena di “buchi”, dove è possibile risalire a “chi ha votato che cosa”, come hanno raccontato alcune inchieste giornalistiche?) non cancella minimamente lo sconquasso elettorale dei grillini che nasce dalle loro infinite contraddizioni, dalla loro inadeguatezza, dall'aver condiviso, solo in nome del potere, la “visione salviniana” della politica e della società. Sorprende poi la totale assenza di analisi della sconfitta, come si fosse trattato di un inciampo temporaneo, dovuto da un lato dall'astensionismo nel Meridione, dall'altro ad una comprensibile delusione per non aver ancora mantenuto tutte le promesse fatte in campagna elettorale. E ciò lascia ulteriormente interdetti per aver i Cinquestelle da sempre caldeggiato la trasparenza, il non attaccamento alla poltrona e rimarcato la loro “diversità” delle loro prassi interne rispetto a quella dei partiti tradizionali; in qualsiasi democrazia ed in qualsiasi partito “serio” però un leader, tra l'altro vice-presidente del Consiglio e ministro, che in 10 mesi dilapida un consenso di oltre il 32% dimezzandolo drammaticamente, dovrebbe “spontaneamente” dimettersi prima di ogni altro invito a restare. Ma chiedere questo a Di Maio non è possibile: lui esiste “solo” per essere capo e la prospettiva di non dover superare il doppio mandato, come vogliono le regole del Movimento, lo sconvolge, in quanto un conto è arrivare alla scadenza da “premier”, o comunque da capo politico e da ministro (è ovvio che in un caso del genere quella regola potrebbe non valere), un altro lo è da dimissionario! “Sono 5 anni che aspetto questo momento” disse più o meno così lo scorso anno durante i colloqui per la formazione del Governo, dopo il diniego di Salvini ad accettarne la leadership; è evidente chi si esprime in tal modo configuri per sé un ruolo sempre di primo piano...Il “no” di Casaleggio a rivedere questa regola, per evitare il rischio di diventare professionisti della politica, è ancor oggi molto fermo! Cosa farebbe Di Maio (e non solo lui) se uscisse per sempre dall'agone politico dopo aver esaurito i 2 mandati? Questa domanda è cruciale per comprendere il suo...travaglio (ogni riferimento è puramente casuale...)! La sua “assoluzione” on line vuol dire ora che il governo andrà avanti, perchè i grillini non possono aprire una crisi che farebbe venir meno da un lato l'attuale maggioranza relativa in Parlamento, dall'altro li condannerebbe certamente ad un'opposizione solitaria, dato che non possono allearsi con nessuno, tantomeno col Pd, nel caso Salvini andasse col centrodestra. Solo il mantenimento del potere è la medicina, tutt'altro che amara evidentemente, per prevenire il rischio di una progressiva insignificanza politica, possibile anticipo di una loro definitiva implosione! Ma stare al governo per fare che? Ora più che mai la Lega detterà l'agenda e su determinati punti lo scontro tra le 2 forze non potrà che essere durissimo, poiché i Cinquestelle, per arginare il loro repentino declino, vorranno tornare ad essere duri e puri; non solo, c'è il problema Corte dei Conti che ha bocciato sia “la quota 100” sia il reddito di cittadinanza ed un governo “serio” non può non prenderne atto. Ma mentre Salvini può avere ancora come obiettivi le grandi opere e i decreti “sicurezza”, i porti chiusi ai migranti (che chiusi non sono!) per mantenere il consenso, il Movimento cos'ha oltre il reddito? Potrebbero i grillini esibire solo lo Spazzacorrotti, ma come già abbiam detto hanno nel contempo approvato sia i condoni edilizi (ad iniziare da Ischia e Sicilia) sia le norme sugli appalti che presentano aspetti poco “chiari”, come ha confermato anche l'Anac di Cantone (a conferma di una doppiezza, quantomeno l'evidenza di un pendolare continuo, a seconda di dove si possono raccattare voti). Al momento dunque lo sbocco verso le elezioni anticipate rimane un'ipotesi assai fondata, anche se sia Salvini sia Di Maio faranno di tutto per lasciare il cerino all'altro prima di andare al “redde rationem” definitivo. Nel frattempo che ne sarà del Paese? Quale manovra finanziaria si avrà? Il ruolo del Pd. L'esito delle Europee ha dato una salutare boccata d'ossigeno al partito e trovo francamente sterile e stucchevole la notazione che i voti in termini assoluti siano stati inferiori rispetto alle Politiche; un incremento del 4% và preso “bene”, confermando pur nel piccolo che il Pd è vivo e deve essere sempre più inclusivo. Piuttosto sarebbe opportuno che le formazioni minori nell'ambito della sinistra riflettano sull'utilità di una presenza elettorale di sola testimonianza; Fratoianni si è dimesso, ma chi gli subentrerà cosa farà? Zingaretti mi pare abbia chiaro tutto ciò e se sembra muoversi cautamente è perchè vuole portare tutto il partito su una una prospettiva più ampia, consapevole com'è che le precedenti pesanti sconfitte sono nate in gran parte da un'ostentata autosufficienza e da una chiusura al confronto con realtà che da sempre hanno guardato a sinistra (periferie, mondo della scuola, della sanità, della cultura). Piuttosto bisogna evitare certe figuracce come quelle alla Camera, quando l'altro giorno è passato all'unanimità l'emendamento che autorizzava il pagamento dei debiti e dei crediti alla PA tramite minibot (una sorta di “cavallo di Troia” verso ulteriore deficit), scatenando l'ironia del leghista Borghi verso il nostro partito che ha votato a favore. L'aver fatto poi rapidamente marcia indietro non cancella il senso di sorpresa e se vogliamo di superficialità che questo inconveniente ha provocato; probabilmente è stato cambiato in corsa l'emendamento e tutti son caduti nella trappola. La difesa dell'Euro e dell'Europa per il pd non deve essere “d'ufficio”, quanto invece per una forte motivazione (da saper comunicare) nel perseguire una strada senza la quale la nostra economia non potrà mai rilanciarsi, collegando in questa narrazione la difesa della moneta a prospettive di lavoro e a solide politiche ambientali (in nome di Greta), in quanto gli Stati con economie stabili, grazie all'Euro, saranno in grado di poter investire nelle energie alternative e nella tutela dei territori (il che comporta tra l'altro incremento dei posti di lavoro). Io non so se si andrà a votare a settembre; è chiaro che se sì rivincerà Salvini alla grande (ormai tanti Italiani, da Berlusconi in poi, votano una “faccia” piuttosto che una proposta politica); se anche il Pd crescesse ancora, raccogliendo in parte voti dall'astensionismo, in parte da quella “sinistra-sinistra” finalmente consapevole che con il 2-3% non si và da nessuna parte, ed arrivasse ad un 27-28% che farà? E' probabile però che la inevitabile saldatura, una volta rotto il Governo, tra la Lega ed il resto del centrodestra ricrei quel dualismo “destra-sinistra” di cui il Pd potrà giovarsi, ma c'è pur sempre in gioco il Movimento ed il suo destino. Personalmente non credo vi siano concrete possibilità per un'alleanza con i grillini: troppe le distanze rancorose, troppe le differenze sulla concezione della democrazia e sulla rappresentanza e sulla stessa visione dell'Economia...I “dem”dovrebbero marcare stretto i “5 Stelle” per metterne a nudo i limiti, le contraddizioni, per affondare tra le loro possibili divisioni che qualcuno già prevede (si parla di Fico alleato di De Magistriis per una nuova lista alle Politiche), al fine di recuperare parte di quel voto ivi confluito...C'è un altro aspetto però, più confacente alle dinamiche interne del nostro partito, circa il ritorno alle urne, l'idea cioè che un voto anticipato bloccherebbe ora sul nascere l'ipotesi ancora in embrione di una “gamba lib-dem”, di cui Calenda e altri vorrebbero farsi promotori..Staremo a vedere...Piuttosto, voto o non voto, si deve ri-porre al centro, oltre ai temi del lavoro, dell'ambiente e dell'equità fiscale, una questione cruciale che sembra ormai codificata, ma che va' radicalmente cambiata, vale a dire l'aziendalizzazione di servizi fondamentali dello Stato: Scuola e Sanità. Mettere coraggiosamente in campo proposte per un vero superamento di tali assetti organizzativi che non solo non han migliorato la qualità dei servizi in questione (che se sono alti lo devono alla professionalità di chi vi opera), ma ha creato, negli specifici ambiti di lavoro, situazioni di nepotismi, di favoritismi, di richiami “strumentali” al merito, molto spesso legati al grado “di vicinanza” alle figure apicali da parte dei singoli operatori. La sinistra è per il solidarismo, che non vuol dire appiattimento e non prescinde dal merito (che richiede però parametri stabiliti e condivisi); purtroppo, come ora quasi ovunque, tante valutazioni professionali, nelle scuole come negli ospedali, si basano sulla personale discrezionalità dei Dirigenti! Si può verificare quanti voti ha perso il Pd su questi temi? Gli strumenti per fare una ricerca al riguardo immagino ci siano: si faccia e ci si renderà conto pienamente! Non dovremmo poi più lamentarci per quanto accaduto in Umbria circa le nomine in Sanità: se il sistema non cambia queste storie si riverificheranno ancora, altrove e con altre maggioranze, perchè i Direttori Generali sono di nomina politica (anche se ad indicarli fosse il Ministero come vogliono i Cinquestelle per la crisi della sanità in Calabria) e devono rispondere agli Assessori ed ai Presidenti di Regione, per cui chi riveste tali ruoli non potrà non avere certe referenze! Dal loro canto anche i Dirigenti Scolastici, pur se non nominati, “si relazionano” con la politica locale per ottenere finanziamenti per le scuole e/o per progetti didattici o iniziative; in questo non ci sarebbe nulla di male, se non per il fatto che potrebbero esporsi a pressioni per “valorizzare” questo o quel docente o quel determinato percorso formativo. Dovremmo invece dire grazie (è proprio il caso!) al Governo in carica per aver eliminato la facoltà dei Dirigenti Scolastici di nominare, direttamente su chiamata, i docenti nonostante il Corpo Insegnante si fosse espresso nettamente contro tale ipotesi, prevista dalla legge 107. Ma il potere pressocchè totale dei Dirigenti che comunque rimane porta inevitabilmente al crearsi di quelle congreghe interne ad ogni istituto, ruotanti sempre attorno alle Presidenze, per loro natura escludenti nei confronti di coloro che “non rientrano” in determinate grazie. Proprio quindi all'opposto del solidarismo, a quel senso cioè di forte condivisione di un progetto comune all'interno di un grande obiettivo che dovrebbe caratterizzare gli Insegnanti, molti Docenti cercano invece, “lisciando” il pelo al Preside di turno, a sua volta erogatore di benefici e di incentivi, il proprio personale tornaconto. Chi può modificare alla radice una tale situazione se non un partito “di sinistra”? Si faccia dunque il Pd promotore di un percorso nuovo per la Scuola, indicata tra le priorità del partito, si promuovano gli Stati Generali dell'Istruzione, si ascoltino gli insegnanti, gli studenti, gli stessi Dirigenti per ridefinire una nuova organizzazione scolastica ed anche per rivedere i programmi (che in anni precedenti, specie con ministri quali la Moratti e la Gelmini hanno subito tagli inspiegabili, si pensi alla Storia dell'Arte, al Diritto, alla Geografia ed ora la Storia); ma altrettanto deve farsi per la Sanità, attraverso un confronto serio e puntuale con gli operatori sul campo (Medici, Infermieri), col mondo della Ricerca e dell'Università, con le organizzazioni dei Malati. Pur nella diversità degli ambiti la filosofia “aziendale” rimane identica tra Scuola e Sanità: a guidare le strutture a livello locale (istituti scolastici ed ospedali) rimangono, nel pieno di poteri quasi totalizzanti, “uomini (o donne) sempre più soli al comando”! E' tempo di uscirne! Sul tema delle periferie: và bene riaprire la sede del Pd a Casalbruciato, recentemente agli “onori” delle cronaca, ma serve in questi enormi quartieri mettersi in immediata sintonia con quel mondo del volontariato, dell'associazionismo, cattolico e non, e delle iniziative culturali al fine di ricreare, tra e per la gente che ci vive, momenti non occasionali di animazione e di solidarietà sociale; magari (perchè no?) aprire in queste “marginalità cittadine” succursali di quella scuola politica di cui Enrico Letta sta facendosi promotore per la formazione di una nuova classe dirigente, con l'obiettivo di vincere “l'orgoglio dell'ignoranza” (per usare una sua espressione), che sta diventando tristemente un segno dei nostri tempi. La lotta a papa Francesco. Consentitemi di chiudere queste note con qualche considerazione circa l'aperta guerra che l'internazionale sovranista (che trova echi solidali in parte delle stampa italiana: il Giornale, Libero, la Verità..) sta conducendo nei confronti di papa Francesco. Non piace a costoro la sua predicazione, il suo richiamare all'accoglienza dei migranti, chiamando la Politica alla propria responsabilità di “gestire” tale fenomeno epocale. Ogni suo intervento viene visto come un'interferenza nel dibattito politico, non piace l'atteggiamento di dialogo costante con le altre Religioni, specie con l'Islam, non è gradito il suo forte richiamo alla tutela del Creato, oggetto della sua prima enciclica che provocò reazioni risentite della destra americana, sensibile agli interessi dei petrolieri...Come se non venisse da sé che di fronte a problemi così drammatici, in grado di trasformare profondamente il nostro vivere tra i popoli e sulla nostra Terra, la predicazione di un Vangelo incarnato non comporti necessariamente una ricaduta “politica”, intesa nel suo significato più ampio possibile. Un gioiello medievale, la Certosa di Trisulti nel Lazio in provincia di Frosinone, rimasta pressocchè senza frati ormai anziani, è stata fatta oggetto di acquisto da parte di un amico di Bannon, ex vice di Trump, amico di Salvini, di Orban, stabilmente in Italia, per farne il riferimento europeo, e quindi mondiale, di una “nuova cristianità” sovranista che vuole una fede come amalgama protettivo ed identitario (le nostre belle tradizioni!::) in una contrapposizione al “diverso”, sia esso migrante, sia esso di un'altro credo. Questo acquisto pare sia stato bloccato, grazie anche alla mobilitazione di tanti a livello politico e culturale. Ma il segno è preoccupante e la guardia deve restare alta, perchè non è cosa da poco, ma molto molto seria; potrebbe preludere, sicuramente nelle intenzioni dei fautori di questa “nuova cristianità”, ad un controllo indiretto sul papato, condizionandone in futuro le scelte e la predicazione, contando anche su alti prelati all'interno del Vaticano, cui evidentemente non dispiace questa nuova versione della fede. C'è anche questo di che preoccuparsi. Gianni Amendola

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