L’OSSERVATORIO.
Renzi e il caso Visco.
Credo che l’improvvisa accelerazione circa la nomina a Governatore della Banca d’Italia, impressa da Renzi e non nota a quanto pare né a Gentiloni né a Mattarella se non a cose fatte (almeno a quanto ci è dato da capire), apra un’ulteriore ferita nel corpo del partito e riproponga la domanda che da mesi, almeno dalla sconfitta nel referendum, dovrà trovare ora finalmente risposta, assai difficile invero, ma fondamentale: quale Pd si vuole? Perché se non si prende coscienza che da circa un anno (o forse più, ma quantomeno dalla data del suddetto referendum) il corso della politica in Italia è cambiato e che il Pd deve passare dall’autosufficienza alla collaborazione ed al dialogo con il mondo di “sinistra”, vale a dire con quella grande fetta di elettorato che sta progressivamente venendo meno, ormai profondamente deluso e disincantato, allo stesso “dovere“ una volta “sacro” del voto, ingrossando le fila dell’astensionismo, ormai “vera e propria emergenza democratica”, non si và da nessuna parte! Il continuo rifiuto ad ascoltare gli inviti al confronto programmatico con quell’area che per brevità chiameremo “campo di sinistra”, provenienti da personalità quali Veltroni, Letta, Cacciari (e ne dimentico altre), sta portando a mio avviso il partito in un “cul de sac”; se dobbiamo dar credito a Romano Prodi, della cui serietà non credo si debba dubitare, secondo il quale Renzi, per averglielo confidato, ha in mente il disegno di arrivare a governare con Forza Italia, staccandola dalla Lega di Salvini, non si può non prendere atto che si sta andando verso una “mutazione genetica” del Pd. Vediamo se l’offerta a una ripresa di confronto avanzato da Roberto Speranza porti frutti positivi, anche se la risposta del Segretario circa l’intangibilità della proposta di legge elettorale (il Rosatellum) non induce all’ottimismo (e difatti Mdp-Art.1 è appena uscito dalla maggioranza dopo il voto di fiducia al Senato sulla legge elettorale). Il fatto è (ci ripetiamo) che Renzi sà benissimo che un’alleanza solidamente costruita, non come sommatoria di voti ma come forte convergenza su individuazione di temi e soluzioni, imporrebbe anche a lui un cambio di visione, il passaggio cioè “dall’ io al noi”, rimettendo non solo in discussione alcune fondamentali leggi emanate sotto il suo governo, ma anche la questione della stessa leadership, cosa che evidentemente vede come “fumo negli occhi”. Questo punto è forse il più divisivo ed occorre risolverlo in un modo o nell’altro al più presto (sicuramente dopo le elezioni siciliane) nell’interesse del partito e dei suoi militanti; lo sforzo da parte della maggioranza è di capire che chi è uscito (Mdp-Art.1) o chi si sente ai margini della linea politica (i succitati Letta, Cacciari, Veltroni, lo stesso Prodi…), sta denunciando un ‘involuzione del partito, una visione di esso se non padronale quantomeno come una ristretta cerchia di fedelissimi, quale emerge dalla vicenda della mozione su Visco. Questo perché si è radicato da un po’ di tempo anche nella sinistra, non solo in Italia, l’idea che un’elezione diretta, anche attraverso le primarie, renda il vincitore “proprietario” del partito (o del Governo), per cui le scelte, le varie prese di posizione possono avvenire senza il filtro di un confronto preventivo, tranne appunto con il gruppo “fedelissimi”, in quanto ci si ritiene legittimati da un plebiscito; una sorta di “ghe pensi mi” di berlusconiana memoria! Ciò spiega allora perché c’è stata quest’uscita sul Governatore della Banca d’Italia e perché sia avvenuta all’insaputa di tanti nel Pd, Gentiloni compreso, il quale ha chiesto la mediazione della Finocchiaro per smussare quella parti della mozione troppo “tranchant”; in questo caso però c’è l’aggravante che una tale manovra ha aperto una crepa istituzionale, in quanto come si sà la nomina non dipende dal un partito che può esprimere un parere, ma dal Governo e dal Capo dello Stato che infatti ha richiamato Renzi al rispetto delle prassi istituzionali. Sorprende, ma fino ad un certo punto, questa mossa, evidentemente non improvvisata, di scaricare su Visco tutti i problemi delle banche, tema sensibilissimo che avrebbe costituito l’argomento principale della propaganda dei “5 Stelle”; accusando Visco e “chiamando fuori” il Pd si è probabilmente voluto liberare il campo della battaglia elettorale da uno spinosissimo tema, a rischio però di una crisi istituzionale che potrebbe aprire in futuro, se non risolta “presto e bene”, scenari analoghi (magari con altre maggioranze), per cui chiunque sarà in futuro il Capo del Governo (Renzi non lo è ma ci spera) si sentirà autorizzato, in quanto “eletto dal popolo”, a rimuovere un Governatore se non gradito! Ma ne valeva proprio la pena?
Pd e Rosatellum
Sembra da alcune autorevoli proiezioni di sondaggisti che la legge elettorale in via di approvazione al Senato non permetterà al Pd la conquista di seggi “nell’uninominale”, specie nel centro-nord e che un eventuale “accettabile” successo “nel proporzionale” non servirà a ridurre il distacco dalla coalizione di centro-destra, data ormai per favorita. Magari ve ne saranno altri che diranno cose un po’ diverse; resta il fatto che questa legge elettorale non cambia alcune storture che dal “Porcellum” ci portiamo avanti, vale a dire le pluricandidature (il presentarsi cioè in più collegi) e le candidature bloccate, in modo che comunque o si vinca o si perda il leader, chiunque sia, del partito (o della coalizione), quale che sia, potrà contare su un ben nutrito gruppo di fedelissimi, in grado quindi di puntellargli il potere interno. Si dirà: in fondo con la composizione dell’attuale Parlamento, uscito come ricordiamo dalle elezioni politiche del febbraio 2013, non era facile trovare soluzioni diverse, con Berlusconi, quale dovuto interlocutore in quanto ancora leader del centrodestra, che non avrebbe mai e poi mai accettato un sistema che potesse prevedere preferenze e non pluricandidature. Ciò è vero, come è altrettanto vero che i Pentastellati avrebbero potuto chiedere il ritorno al “Mattarellum”, che prevedeva un 75% di maggioritario e 25% di proporzionale (creando forse qualche difficoltà al Pd che ufficialmente lo ha sponsorizzato, almeno all’inizio, ma probabilmente non lo avrebbe gradito del tutto per i suddetti motivi…), ma per loro esplicita affermazione, non avendo nei collegi uninominali candidati in grado di competere in quanto sconosciuti, hanno respinto una tale soluzione. Al momento analisi più realistiche di quelle della conta dei possibili seggi, dato che i collegi non sono stati ancora definiti ufficialmente, ritengono che il Rosatellum vada bene proprio per le “larghe intese”, confermando quanto appunto detto circa l’idea di Renzi, riferita da Prodi,di allearsi con Berlusconi! Staremo a vedere; certo, resta da chiedersi perché mai il Pd si sia ridotto a tal punto da “auspicare” un governo con colui che è stato l’avversario per 20 anni, che ha alterato il rapporto tra i Poteri dello Stato (in primis tra l’Esecutivo ed il Giudiziario), che ha voluto “a maggioranza” (la sua) una legge elettorale su misura che non facesse vincere la sinistra (il Porcellum) e che ora, senza “alcun merito”, visto che era piuttosto defilato ed indebolito politicamente dalla “norma Severino”, si trova ringalluzzito al centro dell’interesse generale dopo la vittoria alle amministrative della sua coalizione, grazie alla divisione del centrosinistra ed agli errori del Pd. La voglia di autocritica però non sembra al momento essere un tratto distintivo del nostro partito; Renzi è ancora affascinato dall’ipotesi del 40% (il risultato delle Europee e del referendum del dicembre scorso), (ri)personalizzando le prossime elezioni, sperando di far vincere il Pd senza alleati. Ma sarà davvero così? E se sì, avremo allora il Partito di Renzi”, come dice da tempo Ilvo Diamanti, sociologo ad Urbino, collaboratore de” la Repubblica”, basato sul carisma del leader? E della sinistra che ne sarà? E che rapporti ci saranno con il centrodestra, coi vari Alfano, Verdini, lo stesso Berlusconi? E che partito ci ritroveremo? Il Rosatellum apre queste domande, forse le alimenta ulteriormente…Non c’è che dire: il rischio di disorientamento della base del partito e del popolo delle primarie rimane ancora molto alto…
Gianni Amendola