L'OSSERVATORIO.
La sconfitta in Umbria era ampiamente prevista; anche se da sempre regione “rossa” c'erano stati da tempo segnali di ribaltone politico. Già nel 2014 infatti, l'anno del Pd al 40%, Perugia era andata ad appannaggio del centrodestra, poi nelle successive tornate amministrative locali è toccato a Foligno, Todi, Terni...L'ex presidente di Regione, Bruno Brancalente (1995-2000), che è anche docente universitario di Statistica Economica, ha detto che l'Umbria “è quella tra le regioni italiane ad aver recuperato meno dalla crisi del 2008; da allora è iniziata quella disaffezione politica per cui Salvini pian piano è diventato il leader più votato fino al punto che la regione è la quarta in Italia per penetrazione leghista, dopo Veneto, Lombardia e Friuli”. Se questa è la cornice c'è da sottolineare come l'alleanza giallo-rossa, appena costituitasi, ha avuto un solo mese per presentarsi, mentre Salvini batteva la regione palmo a palmo già da molto tempo. Ma tale notazione, seppur vera, da sola non può bastare a giustificare una sconfitta così pesante nei numeri; resta sempre da chiedersi perchè anche lì, nella regione “cuore” dell'Italia, il Pd abbia perso progressivamente il contatto con la sua gente, né può sufficiente prendere atto che se tutto sommato “ha tenuto” (più o meno nelle percentuali accreditate dai sondaggi a livello nazionale), altrettanto non può dirsi degli alleati pentastellati, ancora in caduta libera (magari se avessero mantenuto la stessa percentuale delle Europee, il distacco sarebbe stato inferiore). Vero è che Zingaretti ci ha messo la faccia, ma è solo da marzo il Segretario di un Pd che ad agosto si è trovato nella condizione, dietro pressioni provenienti da vari ambienti culturali, economici e religiosi, a dover farsi carico (non ad ogni costo) del governo del Paese assieme ad una forza, tuttora maggioritaria in Parlamento, ma assai lontana da una visione istituzionale, che continua a richiamarsi a parole d'ordine e a slogan da trasformare in leggi e che nel suo credo ha il superamento del Parlamento stesso. Non penso sia stata colpa della manovra economica questa debacle elettorale dell'alleanza; in fondo nell'anno in cui è stato al Governo Salvini le tasse sono diminuite? Non mi pare...Certo, mi risulta incomprensibile il motivo per cui non è stato spiegato con chiarezza, come ha fatto recentemente Tito Boeri, che la “quota 100”, che cesserà nel 2022, produrrà poi uno scalone pensionistico di 6 anni, per cui (per fare un esempio) vi sarà notevole differenza tra un nato nel dicembre '61 ed uno nato nel gennaio '62, dunque entrambi sessantenni e con 40 anni lavorativi! Forse perchè i Cinquestelle hanno cercato di difendere il loro operato nel governo precedente (per poter poi dire che il Pd si è dovuto piegare al loro programma) e pertanto, in nome della nuova alleanza, non si poteva toccare questo tasto? Ora, io credo che, piaccia o meno, il governo dovrà andar avanti per coerenza, si spera con minore conflittualità e con una maggiore radicale incisività; ovvio che non può dare le dimissioni solo perchè la coalizione che lo sorregge ha perso in Umbria: sarebbe come dire che ad ogni tornata elettorale (ed in Italia ce ne son tante), qualora un risultato sia penalizzante, qualunque Esecutivo in carica deve dimettersi! In America, nelle elezioni di “mid term”, molto spesso i Presidenti eletti 2 anni prima perdono la maggioranza al Congresso, ma non per questo danno le dimissioni. Così pure in Germania con le elezioni nei lander, o in Francia o in Gran Bretagna..Da noi la palla passerà ora ai grillini, cioè a Di Maio, ormai contestatissimo all'interno del Movimento, il quale, non avendo mai “amato” veramente questa alleanza col Pd, ha già detto che non può funzionare, almeno a livello territoriale. Ma il presidente Mattarella, gli stessi Conte e Zingaretti, hanno dichiarato che la caduta dell'Esecutivo giallo-rosso (dal “no” sui territori” al “no” al governo il passo è breve!) significherà elezioni anticipate. I Cinquestelle le vogliono? E Italia Viva di Renzi? Non credo, verrebbe infatti meno il motivo fondamentale per cui è nata questa coalizione! Sostituire Conte? E con chi? Con Draghi? Non lo credo nemmeno. Il destino di Di Maio però si lega in modo netto alla durata della presente legislatura: se la base pentastellata lo sfiduciasse potrebbe succedergli Fico, ma è il Presidente della Camera. La conferma di Giggino invece potrebbe assumere per loro aspetti laceranti; il fatto è che l' “anomalia” del Movimento, aggregatosi on line, non prevede un congresso in cui confrontare linee politiche diverse, quindi una maggioranza ed una minoranza. Tutto è deciso “altrove” con Grillo ma soprattutto con Casaleggio, il quale ha bisogno da par suo di un Movimento al potere, per far crescere la sua azienda (e quindi il proprio fatturato); allo stesso modo, configurando un conflitto d'interessi evidente e irrisolto, il Movimento ha bisogno di una “Casaleggio Associati” per poter vivere, in tutti i sensi, politicamente. In questa situazione cosa dice Grillo? E Casaleggio? Ma c'è una domanda che i grillini non possono più eludere, vale a dire: come mai nonostante il reddito di cittadinanza, il taglio dei parlamentari, le manette agli evasori, il consenso sta franando sempre più? A mio avviso, benchè esista un populismo diffuso, è perchè la gente prima o poi si accorge che queste “bandierine” identitarie non fanno una visione politica; tra l'altro i Cinquestelle hanno frequentemente oscillato intorno a questioni chiave (l'Europa, la politica industriale, con tutte le grosse vertenze non risolte..). Ma se poi, ad esempio, al taglio dei parlamentari non si accompagnano riforme incisive nel mondo del lavoro, della scuola, della sanità, a che serve? A dire che si è combattuta la casta? Dopo un po' la gente ti volta le spalle! Il Movimento, con tutta la sua struttura, è in grado ora di “diventare un'altra cosa”? E chi potrebbe farlo uscire dal guado da loro stessi creato? Ancora Grillo o Casaleggio? O lo stesso Conte? Sono domande che richiedono risposte “a breve”, visto l'incalzare delle situazioni, non solo italiane...Il tutto necessariamente si riflette sul Pd, che paradossalmente sembra star meglio, in quanto c'è un consenso che sale poco alla volta (non dimentichiamo che senza la scissione dei renziani la percentuale sarebbe salita almeno di un paio di punti), ma ovviamente non dimenticando che in Umbria si è perso comunque il 13%, c'è da ricostruire una linea politica che parli al Paese, opposta al populismo; compito improbo poiché esiste un'onda lunga che non si infrangerà presto. Ma questa capacità di rivolgersi a chi più è in difficoltà non potrà che tradursi in presenza capillare sui territori, nelle periferie; il partito lì soprattutto, in quei luoghi di disagio, deve offrire la sua alternativa al salvinismo, offrendo spazi e momenti di aggregazione, insieme con quelle realtà del mondo cattolico e non solo, con iniziative “continue” che possono andare, chesso', dal doposcuola per i bambini ad eventi di dibattito su temi politici, sapendo parlare un linguaggio comprensibile che arrivi al cuore delle persone. Ci vorrà del tempo probabilmente, ma è come arare un terreno e gettarvi il seme: dopo un po' cresce la pianta! Occorre però nel frattempo ripensare il modo di essere dei circoli: bisogna aprire ai contributi di chi, pur non iscritto, vuole impegnarsi, creare occasioni di dibattito e di studio (non vorrei essere autoreferenziale, ma quando facevo parte del Comitato Garanti, insieme a figure quali Francesco Porcellana ed il senatore Giovanni Saracco, si organizzò una serie di incontri sulla Costituzione, che via via raccolse un uditorio crescente, in orari feriali pomeridiani, di circa una trentina di iscritti...), insomma un ruolo di “formazione”. Una parola infine su Italia Viva. E' del tutto evidente che Renzi fa' ora la sua partita contro il Pd e Zingaretti in particolare; al di là della valutazione di opportunità circa la “foto di Narni” la sua assenza era una mossa calcolata. Ben sapendo che comunque la sconfitta era scontata, ha voluto eclissarsi, quasi a tirarsi fuori per avere buon gioco a criticare quei protagonisti e acquisire così, dal suo punto di vista, un'autorevolezza maggiore nell'imporre la linea al Governo. Ma ormai Renzi porterà avanti la sua idea di partito macroniano; potrà a livello locale allearsi col Pd, come farà in Emilia e certamente in Toscana, ma la fisionomia di Italia Viva sarà quella di un partito centrista, aperto da Forza Italia, ormai in disarmo, ai futuri fuorusciti dal Pd, come spera. Il suo problema è che l'andare ora alle elezioni anticipate sarebbe letale, quindi non potrà tirare la corda più di tanto; ma l'idea di far cadere Conte per dare a Di Maio la leadership del Governo mi sembra del tutto improponibile...Staremo a vedere.
Gianni Amendola