L'OSSERVATORIO La riduzione del numero dei parlamentari viene salutata come una vittoria di Di Maio, ma era scontata in quanto c'erano già state 3 letture alle Camere e se non fosse caduto il governo precedente sarebbe stata approvata insieme con la Lega. Era naturale che all'atto della formazione del “Conte-bis” i Cinquestelle avrebbero innalzato questa loro bandiera; a quel punto, una volta accettato il riassetto istituzionale che tale riduzione comporta, non poteva che esserci il via libera. Quello che invece và fatto, da parte del Pd e non solo, è stroncare immediatamente la retorica dei grillini circa il risparmio economico, che secondo le stime di Cottarelli ad esempio varrebbe lo 0.07% della spesa pubblica; non può essere accettata questa motivazione, è propagandistica e fuorviante. Tra l'altro è anche doveroso chiarire, in tv, nei giornali, sui social, che il taglio dei parlamentari non ha nulla a che fare con la “casta”, perchè il loro numero era stato stabilito in sede costituzionale, con qualche “aggiustatina” successiva sulla spinta dei maggiori partiti dell'epoca (Dc e PCI) che avevano interesse, in quanto partiti di massa, a limitare l'estensione dei collegi. Il numero di 945, tra onorevoli e senatori, risale quindi ad almeno 50 anni fa; cosa c'entra la casta? E' ovvio che la crisi del 2008, da cui non siamo ancora completamente usciti, l'immagine di una politica incapace, se non di risolvere, quantomeno di saper cogliere le istanze della gente, i pessimi esempi di coloro che sia a livello nazionale sia a livello regionale han mostrato come l' “essere in politica” era soprattutto un modo per arricchirsi, tutto ciò ha creato quel profondo malcontento che i grillini hanno cavalcato e portato “così com'era” in Parlamento. Solo che ai Pentastellati è mancata finora la capacità di orientare questo rancore verso il Palazzo, dandogli uno sbocco politico-istituzionale; sin dall'inizio si sono presentati come anti-sistema senza indicarne uno diverso, se non il sogno della democrazia diretta, con i click da casa. Il taglio dei parlamentari risponde a questa logica “punitiva” per cui è bene tagliare per ridurre “gli sprechi” della politica e restituire ai cittadini i soldi risparmiati, come un risarcimento sociale. Ai Cinquestelle non è mai interessato il discorso della rappresentatività e dei collegi elettorali, perchè o avrebbero dovuto desistere dal progetto (del taglio) oppure avrebbero dovuto inserirlo all'interno di un riassetto costituzionale (che avrebbe richiesto un confronto continuo con le altre forze politiche), ma in entrambi i casi non vi sarebbe stato “l'incasso” immediato (la bandierina da piantare), e questo per la loro logica e mentalità non avrebbero mai potuto permetterselo. In linea di principio una riduzione del numero dei parlamentari non è un fatto negativo; lo è invece questa logica che la sottende, che lancia il messaggio di una politica come cosa sporca che ha bisogno dei essere purificata dai giustizieri eletti dal popolo. La prudenza di cui viene rimproverato Zingaretti, che si vorrebbe più puntuale nel ribadire, sostenere e difendere i punti fermi del partito (ius culturae, rimozione dei “decreti sicurezza”, apertura dei porti anche alle Ong...) è legata sicuramente al tentativo di stabilire coi grillini un rapporto sempre più organico, ad iniziare dalle prossime Regionali in Umbria. Anche se l'alleanza col Movimento non mi entusiasma personalmente và ricordato che alla base delle sconfitte nelle scorse Amministrative, dai Comuni persi alle Regioni poi passate al Centrodestra, c'è sempre stato, pur se non sancito da alcun patto scritto, un fluire di voti, nei ballottaggi, dall'elettorato pentastellato al Centrodestra e viceversa (come nel caso di Roma), solo in chiave anti-Pd. Si possono spiegare diversamente le vittorie della Appendino e della Raggi? Il che comunque non esime il Pd dalle proprie responsabilità...Staremo a vedere, come sempre, ma al riguardo i segnali dai territori non sono incoraggianti; nel Lazio ad esempio i grillini forse voteranno una mozione di sfiducia verso Zingaretti (il quale come si sa non ha la maggioranza assoluta) e si è pure costituito un gruppo on line di dissidenti pentastellati “Mai col Pd”... Abbiamo già detto che la navigazione del Governo non sarà tranquillissima, ma credo sia compito di Conte, che non è più il garante di un contratto (un modo elegante, per l'esultanza dei gonzi sulla rete, per dire che ogni contraente portava avanti le specifiche priorità, al di fuori da una visione d'insieme) quanto il primo responsabile di un programma che ambisce ad essere di legislatura, a richiamare soprattutto i grillini (Di Maio sostanzialmente) ad evitare i toni di parte, a parlare sempre di scelte di governo e non del Movimento, a dire allo stesso ministro degli Esteri di non tenere incontri coi propri parlamentari nei locali della Farnesina, quasi a rimarcare proprie diversità, di evitare “balconi” cui affacciarsi e gridare “abbiamo abolito la povertà”...Non è un contratto, questo, col Pd! Si aggiungano inoltre i sommovimenti interni ai Cinquestelle, tra i quali la figura del loro capo politico non sembra godere di credito assoluto; iniziano ad esserci cambi di casacca, oltre alla (finora) mancata nomina, per mancanza di voti necessari, dei capigruppo di Camera e Senato. Adesso però si è aggiunta la questione assai scivolosa del “Russiagate” che coinvolge Giuseppe (i) Conte, tanto più che la direzione del Copasir è appena andata al leghista Volpi, il quale avrà tutto l'interesse a “far cuocere il premier a fuoco lento”...Vedemo...! Il tesseramento del Pd invece sembra stia andando bene; speriamo che la “convention” sulle Idee a novembre dia un ulteriore e più definito profilo al partito; nel frattempo si torni ad incontrare la gente nei territori: siamo di fatto l'unico baluardo per evitare la deriva nazional-sovranista. E i fatti che accadono nel mondo, ma anche nella nostra Europa a partire dall'attentato di Halle in Germania, ormai dimostrano che non si tratta più di azioni singole di qualche “disturbato”, ma di chi si ritiene l'avanguardia di un movimento più esteso legittimato a tal fine, che potremo definire la “fase suprema” di questo sentire politico (il nazional-sovranismo appunto)!..Con tutto quello che può oggi significare. Gianni Amendola
Don Nino
6 anni fa
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