L’OSSERVATORIO, di Gianni Amendola. I “5 Stelle” e la politica dopo Ivrea. C’è ultimamente una maggiore attenzione attorno al mondo dei “5 Stelle”, sia per le questioni politica estera (con la crisi siriana in corso), sia per il recente meeting di Ivrea, città dell’ (ex) Olivetti presso cui lavorava Gianroberto Casaleggio, ad un anno dalla sua scomparsa, evento che il “Grande Costituzionalista” Di Maio ha definito “epocale” (e guai a considerarlo una sorta di “Leopolda del Movimento”, altrimenti arriverà una querela da parte dell’altro “Grande Costituzionalista” Di Battista). Peraltro non si sa ancora se il leader rimarrà Beppe Grillo o se il testimone passerà a Davide Casaleggio, il quale, in tv da Lilli Gruber, si è al riguardo defilato, in quanto lui si occupa dell’organizzazione della “rete”, lasciando ad altri la politica (!). Certo è che l’abito finora indossato dai Pentastellati cambierà: meno “vaffa”, più “cultura di governo, sempre nell’ambito di un’alternativa al presente. Quel che è chiaro, al di là degli slogan, è che il Movimento rimane davvero un’incognita proprio per l’indefinitività delle sue posizioni sull’Europa, sull’Euro, sull’accoglienza degli immigrati, oltre che su fisco e politica economica; coltiveranno per esempio ancora il sogno della “decrescita felice” (la spiegheranno bene a chi li vota? O non lo fanno perché altrimenti non li voterebbero più?) o saranno per uno spiccato riformismo sociale? E visto che parlano di riduzione delle pensioni d’oro e/o di altri benefit ad appannaggio dei politici per finanziare il “reddito di cittadinanza”, quale l’idea di fisco vogliono proporre (se ne hanno una), dato che il loro fondatore e tuttora capo è stato (è) un evasore? Nel frattempo, dalla rete (stanno costruendo il loro programma di governo coi cittadini), sono arrivate diverse indicazioni circa l’abolizione di alcuni trattati internazionali (immagino siano state tutte persone consapevoli di cosa stessero discutendo), quali TTIP e CETA, ma la sintesi dei singoli punti proposti ai “votanti on line” sembra al riguardo ricorrere ancora a frasi ad effetto, tipo “dire no ad ogni trattato che metta a rischio i diritti dei lavoratori, i diritti sociali, la preservazione dell’ambiente”; cose senz’altro condivisibili in linea di principio, chiedendoci però se questioni così complesse, su cui gli stessi economisti si dividono, possano essere risolte con un semplice click e sugli stati d’animo. Anche Romano Prodi aveva espresso a suo tempo perplessità sui trattati in questione, ma ribadendo che i risultati si vedrebbero comunque negli anni, ha auspicato la necessità al riguardo di un’Europa unita, coesa in grado di formulare "accordi alti" con USA, Russia e Canada, coinvolgendo i Paesi emergenti (Brasile, India, Cina…), in modo da evitare fratture economiche sempre più marcate; un’Europa quindi “forte”, non chiusa nei propri egoismi, cose di cui i “5 Stelle” sembrano non parlare. Il punto centrale della loro politica “estera” rimane il rapporto privilegiato soprattutto con Putin, poi con Trump, la cui elezione a sorpresa fu definita da Grillo un “Vaffa di dimensioni planetarie” contro tutti gli establishment mondiali. Però proprio il recente attacco aereo americano alle basi siriane, da cui sarebbero partiti gli aerei che hanno sganciato le bombe chimiche, ha rovesciato il tavolo della loro (dei “5 Stelle”) politica, anche, ma non solo, per il rischio che un’eventuale escalation potrà produrre attriti ulteriori tra USA e Russia. Con chi si schiereranno? E perché non si fanno sin d’ora promotori di un’inchiesta a guida ONU che faccia luce su chi effettivamente ha bombardato usando armi chimiche e su chi ha autorizzato l’azione stessa? O non hanno ancora peso politico per proporlo? O soprattutto perchè temono di finire in un imbuto da cui potranno uscire solo con molti imbarazzi? Ma poi questa “simpatia” verso i due leader non nasce forse dall’essere entrambi fortemente “anti-europei”? Questo è uno dei nodi della politica estera grillina, che non si risolve con lo slogan accattivante ma vuoto “no all’Europa delle banche”, ma con una visione di ampio respiro che presupporrebbe l’idea di una federazione di stati, con un’ unica e condivisa visione economica e una “Difesa” comune, guardacaso proprio ciò che i vari populisti non vogliono. Dire, come dicono nelle loro proposte, che “ogni popolo ha diritto alla sua autodeterminazione”, principio giusto in generale, non vuol dire rinunciare a fare dell’Europa una federazione, perché gli Stati dovrebbero capire, “scegliendolo liberamente”, che solo quella è la strada, non il “sovranismo” che porta inevitabilmente a “difendersi” dal vicino, alzando muri, non solo di mattoni. Si vuol tornare alle guerre economiche? Il caso Genova. Ne vedremo delle belle se questa storia della Cassimatis, riconosciuta dal Giudice legittima vincitrice dalle “comunarie” di Genova, non troverà una soluzione tra le parti. Ma Grillo ed il Direttorio hanno già detto che lei non sarà la loro candidata; pesa notevolmente gli “I like” a suo tempo a favore di Pizzarotti, a sua volta inviso a Grillo (e di conseguenza a quelli del Direttorio che se esprimessero una posizione un pochino diversa da quella del loro capo supremo dovrebbero uscire dal Movimento.. Addio a tante belle carriere politiche!). Il tema della democrazia interna rimane un punto dolente per i 5 Stelle, i quali come nella politica estera, amano queste figure di leader assoluti, quasi dittatoriali, quelli che di cui ti “devi” fidare ciecamente (quanti grillini ripetono “se l’ha detto Beppe allora sarà vero”? O no?). Anche la dimensione “orizzontale” del Movimento viene ad essere messa sotto scacco dalla volontà suprema (come a Genova, come prima a Parma, come a Bologna…) del padrone assoluto. Del resto , raccogliendo un elettorato assai variegato proveniente da destra e da sinistra, Beppe Grillo rappresenta la sintesi indiscussa che non tollera eccezioni né dubbi. Ma questi dovranno governare il Paese? Il caso Consip. Credo che chiunque militi nel Pd, a qualsiasi “mozione” appartenga, non possa che essere contento di come si stia diradando la pesante nebbia che gravava sul padre di Matteo Renzi, alla luce delle notizie pubblicate; il partito infatti ne sarebbe uscito comunque “bastonato”, a prescindere tra renziani e non renziani. Lasciamo ovviamente che l’inchiesta vada avanti, in quanto resterà da sapere tra l’altro chi ha ordinato la falsificazione delle prove, sperando che non si riapra in Italia, come già in altre epoche, una stagione di veleni con coinvolti apparati dello Stato. Liberare le “primarie” del 30 aprile dal peso di queste accuse permetterà, spero, un confronto sicuramente aspro, ma leale, non giocato su allusioni di questo tipo, in modo da far prevalere nei votanti (che speriamo siano almeno tanti) una valutazione puramente “politica” che riguarderà il destino prossimo futuro del nostro partito. Gianni Amendola
Don Nino
6 anni fa
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