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mercoledì 12 dicembre 2018

OSSERVATORIO 2 DICEMBRE 2018

L'OSSERVATORIO. Si comincia ad ipotizzare una crisi di governo con elezioni anticipate a marzo; quella che era una semplice ipotesi rischia ora di prendere corpo davvero, anche se si dovrà attendere l'esito del colloquio tra il premier Conte e Juncker, le cui previsioni (al momento in cui scrivo) sembrano essere negative. Ma al contempo, quand'anche una “nuova” finanziaria venisse accettata, non possiamo non osservare la persistenza di continui attriti attorno a questioni di rilievo tra le due forze di governo, che potranno alla fine incidere non poco nelle reciproche relazioni politiche. Alla Lega, come già detto in precedenti Osservatori, un ricorso anticipato alle urne potrebbe in fondo non dispiacere: il fieno messo in cascina finora da Salvini con la sua politica securitaria è sufficiente a garantirgli un ritorno elettorale cospicuo, cui potrebbe aggiungere l'ulteriore “carico” anti-Ue, colpevole di imporci misure anti-popolari quando invece la manovra finanziaria giallo-verde vorrebbe essere espansiva. D'altro canto Giggino Di Maio, di fronte alla probabile bocciatura definitiva di Bruxelles (se la finanziaria stessa non verrà riscritta), pur di non presentarsi “a mani vuote” o quasi al cospetto del proprio elettorato il prossimo maggio, con inevitabili ripercussioni sul suo ruolo di leader, potrebbe tentare, col ricorso anticipato alle urne, di tamponare il costante calo di consensi del Movimento, cavalcando a sua volta la retorica anti-europea, incolpando i poteri forti, le banche, la sinistra, Soros ed invocando, nella prospettiva della consultazione continentale, più forza per essere il baluardo di questa deriva anti-popolare della Ue. Non sappiamo ancora quali siano i contenuti della manovra “corretta” che verrà sottoposta alla Commissione europea; il richiamo però ad una maggiore benevolenza come per la Francia, che sia Salvini sia Di Maio auspicano nel loro proporre un deficit non inferiore al 2.1 % del Pil (considerando che le promesse di Macron ai “Gilet Gialli” porterebbero allo sforamento dei parametri di Maastricht) merita qualche considerazione. Pur non essendo un competente su questi temi dico che innanzitutto la Francia ha un rapporto deficit/Pil intorno al 92-93% rispetto a quello dell'Italia (che è del 132%); inoltre si vedrà se le misure promesse dal Presidente francese saranno “comunque” in grado di stimolare una ripresa capace di far rientrare successivamente quello sforamento (quindi temporaneo) nei limiti richiesti dal trattato. In Italia, il cui deficit da tempo è sotto osservazione, diversamente da Parigi, pare sia stata proprio l'assenza di vere misure per gli investimenti, più che i singoli temi della “quota 100” o del reddito di cittadinanza, ad orientare ancor più la valutazione in senso negativo dell'Europa e che le conseguenti prospettive di crescita previste non avevano basi credibili (potremo dire che è una manovra più da “social” che da Ue..). In definitiva, anche se la polemica con la Francia di Macron è ghiotta, Salvini e Di Maio non possono far finta che le questioni poste al nostro Governo non richiedano risposte nel merito (tenendo conto che lo spread veleggia sempre intorno ai 280/290, con conseguenti danni al risparmio di tutti noi). Ma “arrendersi” alle richieste di Bruxelles per entrambi (più per Di Maio) significherebbe un arretramento inconcepibile da giustificare davanti ai propri elettori. Se davvero si andasse ad elezioni anticipate ci troveremmo probabilmente un Pd senza segretario o tutt'al più appena nominato; con quale linea si presenterà eventualmente il partito? La difesa dell'Europa non potrà nel frattempo essere la “solita”, nel senso che bisogna iniziare a comunicarne un'idea più incisiva, una federazione di Stati con un Presidente eletto con poteri di governo, con politiche economico-sociali condivise (con un ministro dell'Economia e sistema bancario unici), nella consapevolezza però che il diffuso disincanto nei confronti delle istituzioni continentali richiedono una capacità di persuasione e di convincimento dell'opinione pubblica, nel cui interno il seme del sovranismo è stato gettato a piene mani, assai cospicua. E' in grado il partito sin d'ora di far questo in modo autorevole e convincente? Perchè comunque, se anche non si andasse alle elezioni anticipate nazionali, l'appuntamento con le Europee sarà dietro l'angolo. Nei nostri circoli si comincerà a confrontarsi “anche” su tali temi o si continuerà a vivere pensando solo a come ricollocarsi in un futuro “a breve” che probabilmente non vedrà Renzi nelle vesti di segretario (per sua esplicita ammissione...)? Gianni Amendola N.B. Mentre sto per spedire leggo la notizia di un possibile accordo con la Commissione Europea sul 2.04%. Ovviamente staremo a vedere: saranno decisive le future mosse del governo perchè la partita è tutt'altro che chiusa. I precedenti “Osservatori” sono pubblicati sul blog del partito astigiano.

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