L'OSSERVATORIO Il congresso del Pd non potrà che essere rifondativo; per un partito che nel giro di un biennio o poco più è passato dal 40% delle precedenti Europee al 17% delle Politiche dello scorso 4 marzo non si può pensare ad incidenti di percorso, quanto al progressivo venir meno di una credibilità, insieme ad una percezione generale nel Paese di inadeguatezza nell'affrontare i problemi, pagata forse in termini eccessivi visto che comunque l'Italia stava riprendendosi dalla crisi, pur se non completamente. Se le ultime analisi del Censis sono da prendere sul serio (e lo sono) si può dire che il Pd ha pagato il prezzo del rancore sociale, del generale incattivimento della gente e della scarsa speranza verso una ripresa non solo economica, ma anche sociale. Resta da chiedersi però (e questo in un congresso deve essere affrontato) cosa si sarebbe potuto o dovuto fare da parte del Pd, se non per evitare quantomeno per frenare questo processo. In altri termini, quali delle politiche proposte da quel Governo che vedeva i dem in una posizione di assoluta rilevanza, non sono state “sentite” positivamente soprattutto da quella parte di Paese che da sempre guarda a sinistra? Il lavoro? La disuguaglianza non solo economica? La scuola? La sanità? O è stato anche l'essersi chiuso (il Pd) ad un certo punto, pago del 40%, nell'autosufficienza, in un contesto politico generale che vedeva allora il centrodestra in crisi e il MoVimento ancora indefinito e comunque non ritenuto in grado di proporre una linea politica, se non il risentimento (e la “cattiveria”) di tanta gente espresso sui social? Forse banalizzo, ma ritengo che nel partito ancora un'analisi vera su questi temi (ed altri, tipo l'idea di Europa) non potranno non costituire la base della dialettica congressuale. Purtroppo assistiamo in questi giorni a polemiche che ci auguriamo vengano al più presto chiuse; sembra che la demarcazione tra i vari contendenti la Segreteria nazionale passi esclusivamente circa il rapporto coi Cinquestelle, se si è favorevoli oppure no, creando un'artificiosa distinzione tra “renziani” e “non renziani”, con i primi del tutto contrari, i secondi apparentemente (?) più disponibili. E' come se invece di delineare nel frattempo proposte ed analisi su come ridare una speranza alle aspettative finora deluse di tanta sinistra, si volesse spostare l'obiettivo su altro, per ritardare riflessioni generali sulla natura del Pd. Io credo che il tema non sia questo (cosa fare cioè coi grillini), perlomeno non nei termini in cui lo si vorrebbe porre. Intanto và detto che esiste un Governo, piuttosto litigioso, ma ciò non deve apparire, a beneficio della comunicazione pentastellata (ed anche leghista); se cadesse cosa accadrà? L'ipotesi numericamente più sostenibile è, grazie ad alcuni fuorusciti dal MoVimento (forse ci saranno in caso di crisi politica), un centrodestra con Salvini leader, ma con Berlusconi che, intestandosi come sempre la paternità di questa eventuale transumanza parlamentare, chiederebbe visibilità e garanzie. In tal caso, col prosieguo della Legislatura, il Pd rimarebbe all'opposizione con i Cinquestelle fortemente “arrabbiati”e con sicuri contraccolpi al loro interno, ora di difficile valutazione...Fuori da quell'eventuale nuovo governo sarà certo possibile trovare alcune convergenze coi grillini, ma condizioni per un vero dialogo ci saranno? Ci sono due aspetti al riguardo da considerare: sarà già stato eletto in quel momento il segretario del Pd? E poi, in caso di caduta dell'attuale Governo, se si formasse davvero una maggioranza di centrodestra, che ne sarà di Di Maio? Rimarrà leader o cederà il passo a Di Battista, che sulla carta pare meno propenso di Giggino ad un confronto maturo col Pd (ammesso che lo stesso Di Maio lo sia veramente)? Ma soprattutto: che Pd uscirà dal congresso? Ancora diviso? Avviato verso una scissione (speriamo di no)? Allora, quale tipo di dialogo impostare col MoVimento? Essi sono portatori di una visione generale che mette insieme rancori, risentimenti, se non odio, verso chi ha fatto politica finora (e che costituisce, come dissi già in precedenza, lo zoccolo duro del loro consenso) insieme ad aspettative più ampie; sognano comunque una democrazia diretta tramite la rete, come se la complessità della Politica si possa risolvere con un click, tacendo, si fa per dire, su “chi” poi dovrebbe sottoporre le questioni ai cittadini perchè possano esprimere la loro posizione. Il Parlamento no, in quanto i grillini (e Casaleggio) sostengono da sempre il superamento delle istituzioni rappresentative grazie al web. Allora chi? Sicuramente si tratterà di un “gruppo” (o una “casta”) che gestirà il mondo dell'informazione (Casalino and company..) e lo filtrerà ai cittadini. D'altra parte, l'idea di Casaleggio padre, portata avanti ora dal figlio Davide, non potrà esaurirsi con il definitivo “andar oltre le attuali istituzioni” una volta che ci sarà un computer in ogni casa e davanti un cittadino pronto a decidere (come ha detto più volte Grillo), ma proseguirà in un contesto di verosimile monopolio dell'informazione grazie alle varie piattaforme informatiche (e relativi ricchi introiti) della Casaleggio Associati). Se il quadro complessivo sarà questo, pensare ad una futura alleanza di Governo (non un contratto) è fantasia; ripeto, potranno esserci possibili convergenze in Parlamento, ma una maggioranza omogenea non sembra nelle cose! Ma poi, i Cinquestelle sono di “sinistra”? Il loro oscillare continuo, le giravolte frequenti, ma soprattutto l'appoggio alla politica securitaria di Salvini e alla “flat tax” (messa un po' da parte, ma non certo per volontà di Di Maio) sono biglietti da visita assai eloquenti e se da un lato approvano il decreto “Spazzacorrotti” (su cui ci sono perplessità di Anm e Csm), dall'altro inseriscono in manovra, il giorno prima, la possibilità per i sindaci di poter decidere in assoluta discrezione opere pubbliche entro un certo limite (rivisto al rialzo) di costi, su cui Raffaele Cantone dell'Anti-corruzione ha espresso alcune precise e circostanziate riserve. Abbiamo già detto nei precedenti Osservatori dell'atteggiamento sui condoni e non ci ritorno; ma è proprio la natura settaria del MoVimento a costituire a mio avviso un ulteriore decisivo ostacolo. Perchè quando si sollecitano parlamentari e simpatizzanti alla delazione nei confronti di chi tra loro sembra tradirne il codice etico, quando si mostra ostilità verso la stampa che non si allinea alla loro politica, cancellando per legge ogni forma di finanziamento pubblico che peraltro non esiste più da anni (!), al solo scopo di tacitare ogni fastidioso dissenso (non si erano mai sentite in passato frasi come quelle di Grillo “Vi mangerei per il gusto di vomitarvi” o più “semplicemente” il “giornalisti puttane” di Di Battista) siamo di fronte ad una fazione che non tollera disobbedienze e condanna chi ha da eccepire qualcosa. Non sono aspetti secondari, legati alla comprensibile “intemperanza” di un movimento nato “on line”, raccogliendo la rabbia della gente, no. Si tratta proprio di una visione connaturata, direi “ontologica”, dei Cinquestelle che li pone “fuori”, o comunque ostili, rispetto alle logiche della democrazia parlamentare, vista ora evidentemente solo come una fase inevitabile del loro cammino verso l'occupazione del Paese. Il recupero allora di coloro che han lasciato il Pd per votarli non si ottiene “parlando” con Di Maio, tra l'altro da una posizione di inferiorità, date le percentuali dei due partiti oggi; lo si può sperare tornando, come Pd, ad essere presenti nelle periferie, nel ri-ascolto del mondo del lavoro e sindacale, nel ri-entrare in sintonia con il mondo dei docenti nella Scuola e con il mondo degli operatori nella Sanità (ricordo ancora che i Medici Ospedalieri hanno il contratto bloccato da circa 10 anni e da gennaio ci saranno 48 ore di sciopero), nel rilancio dell'idea di un'Europa come federazione. E' solo strumentale dunque questa distinzione che si vuol fare tra Zingaretti, Martina, Boccia, Giachetti-Ascani e Corallo circa il dialogo con i grillini, quando le linee di demarcazione passano o dovrebbero passare tra il rilanciare o meno una sinistra larga, con programmi da riformismo radicale, dove, secondo l'originaria idea fondativa del nostro partito, trovino piena cittadinanza il riformismo post-comunista, quello cattolico-democratico (quando si mette al centro la “persona” coi suoi diritti, come si fa' a non convenire, a non essere d'accordo pur con storie passate diverse?), quello laico e l'amore, direi, verso la Costituzione. Ed è necessario decidere una volta per tutte se sarà il primo classificato alle primarie ad essere nominato Segretario, dato che con 5 candidature il 51% sarà un miraggio; Minniti lo aveva sottolineato (se ne stava già accennando, poi...) nella trasmissione di Lucia Annunziata, proprio al fine di evitare i sicuri giochi ed alleanze all'ultimo minuto nell'Assemblea Nazionale, in grado eventualmente di ribaltare il voto ai gazebo. Sarà stato per questa non “gradita” posizione che ha poi deciso di uscire di scena, non avvertendo più quel consenso che all'inizio lo aveva motivato... Si può sperare che si inizi a discutere di questo? Buon Natale a tutti! Gianni Amendola N.B.: sul blog del partito i precedenti Osservatori.
Don Nino
6 anni fa
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