L'OSSERVATORIO
L'approvazione del Decreto Sicurezza conferma la svolta autoritaria e anticostituzionale (viene rinnegato di fatto l'articolo 10) di questo Governo giallo-verde; soprattutto fà progressiva piazza pulita di quelle strutture territoriali legate all'accoglienza ed all'integrazione dei migranti, i cosiddetti Sprar che persino l'ONU ha indicato come modello, nonostante le implorazioni dei Sindaci di ogni colore politico (perchè quando si è sul territorio e si devono affrontare le problematiche concrete allora ci si rende conto della discrepanza tra gli slogan e la realtà vera). Ma tant'è: ai fini di un determinato consenso politico è vitale il mantenere tra la gente la “percezione” che l'insicurezza che oggi la pervade dipenda dai “diversi”, di colore e di cultura, e che il decreto in questione sarà la panacea che risolverà ogni ansia, restituendoci un Paese del tutto “bianco” (nel senso della razza), non più inquinato nei suoi modi di vita e nelle sua tradizioni da chi lo ha finora “invaso”, grazie al buonismo della sinistra. Il tutto ovviamente in vista delle elezioni europee che decideranno le sorti dell'attuale maggioranza e il destino dell'Italia. Quel che sorprende (ma fino ad un certo punto) è la sostanziale accondiscendenza dei Cinquestelle verso i contenuti beceri del Decreto, nonostante si fosse manifestata una crepa tra i loro parlamentari (una decina, forse più, che non ha preso parte alla votazione alla Camera, oltre al presidente Fico che non ha diretto le operazioni in Aula), “opportunamente” scavalcata con l'apposizione della fiducia, all'interno di uno scambio politico che consentirà l'approvazione del pacchetto Giustizia del ministro Bonafede, pur non del tutto digeribile per la Lega. I “grillini” (o “casaleggini”), a guardar bene i loro comportamenti, già all'indomani delle elezioni del 4 marzo, ma anche in campagna elettorale, hanno spesso detto tutto ed il contrario di tutto per prendere voti ovunque, in quanto il loro unico scopo era il governo del Paese, senza il quale avrebbero avuto non pochi contraccolpi al loro interno. La differenza sostanziale tra Salvini e Di Maio, loro capo politico, sta in questo: per Salvini il governo è “un mezzo” (i suoi desideri vanno dal diventare il futuro Presidente del Consiglio di un Gabinetto a sua immagine all'essere il leader di una maggioranza sovranista in Europa, magari modificando la Costituzioni, sia italiana sia europea), per Giggino invece è “il fine”, volendo puntare alla costruzione di un potere capillare basato sulla rete (che quindi dovrà portare al superamento del Parlamento) rafforzando il “cuore pulsante” del Movimento, vale a dire le piattaforme informatiche della Casaleggio Associati, per instaurare così un monopolio dell'informazione votato a sostenere l'azione governativa in modo pervasivo e persuasivo (al fine di mantenere e garantirsi il potere). Da qui nasce la contraddizione dei comportamenti pentastellati, anche rispetto a loro principi inizialmente declamati. La posizione sui migranti è lo specchio di quanto affermo, perchè se avessero accettato, in nome della solidarietà e di una capacità di saper integrare, l'immigrazione come valore umano e politico, avrebbero preso “percentuali da prefisso telefonico”, come pontificò qualche anno fa il loro santone condonato Beppe Grillo. E come si può arrivare al governo senza un forte consenso elettorale? In altri termini, che farsene dei valori, che pure una parte del Movimento sente ma non può esprimere, pena l'esclusione ed il dileggio mediatico dei pasdaran dei “social” (lo zoccolo duro del consenso pentastellato), se poi non portano risultati elettorali adeguati alle attese? Lo stesso può dirsi per il condono; già alle ultime Regionali siciliane infatti l'allora premier “in pectore” Di Maio, prima del voto, parlò di “condono di necessità”; nessuno si stupisca quindi se nel recente decreto per Genova la “sua manina” abbia infiltrato quelle norme sulle case di Ischia! Il fine giustifica i mezzi, diceva Machiavelli, ma Giggino sembra incarnarne lo spirito più squisitamente opportunista! Sarà interessante invece vedere ora come si comporteranno i Cinquestelle a proposito della mancata firma al “Global compact of migration” (già oggetto di “question time” al Senato), lanciato dall'ONU nel 2016, sostenuto da Obama proprio per creare una sorta di linee guida per una migrazione “sicura, ordinata e regolare”, che Salvini, il quale vuole dominare l'intera questione dell'immigrazione, ha già dato per certa, smentendo clamorosamente il premier Conte, come certa è la non partecipazione nei prossimi 10 e 11 dicembre alla conferenza di Marrakech, che dovrebbe dare il via operativo al trattato. Ma vedrete che il Movimento si acconcerà alla bisogna; magari ci saranno prima delle prese di distanza, mediaticamente pompate, ma poi finirà comunque in un accordo con la Lega. Il governo, salvo sorprese sempre possibili, non cadrà ora a rigor di logica, tantomeno su queste questioni; Di Maio ha ben chiaro che avrà tutto da perdere, soprattutto sul piano personale, nella sua veste di leader. Chi glielo fà fare? Anche perchè un nuovo Governo nell'attuale Parlamento è possibile: il Centrodestra, con Salvini, ha i numeri; si tratterà solo di stabilire “bene” quale il ruolo del leader della Lega, ma la legislatura può andare avanti bene o male fino al termine naturale e in tal caso il Movimento avrebbe al suo interno pesanti ricadute (insieme all' “indotto” della Casaleggio Associati). E' una partita dunque troppo grande e decisiva per loro che non potrà essere persa sull'altare dell'immigrazione!
Circa poi il rapporto con l'Europa resta da chiedersi perchè la coppia dei vice-ministri abbia aspettato mesi per arrivare alla conclusione, peraltro non scontata viste le ultime dichiarazioni, di modificare i parametri della manovra finanziaria, facendo mantenere uno “spread” costantemente sopra 300 con relative conseguenze sul risparmio degli italiani (nonostante le opinioni al riguardo della sottosegretaria Castelli!!). Entrambi son convinti che le prossime elezioni europee modificheranno profondamente le istituzioni della Ue e stanno tirando la corda (sperando non si spezzi) fino a quella data. Ma c'è una ragione che distingue sul tema i contraenti del “contratto” di governo: mentre Salvini può abbozzare circa un'eventuale riduzione della quota 2.4%, in quanto il suo granaio elettorale s'ingrossa comunque con le questioni “migranti e sicurezza” (la flat tax è già sparita da tempo dal dibattito; rimane la “quota 100”), Di Maio non ha altre alternative al reddito di cittadinanza, per cui, se tale iniziativa non dovesse partire entro la data elettorale rischia non poco (con tutte le conseguenze sopra citate). Da qui il suo tentativo di tranquillizzare i grillini con la storia della stampa in corso di circa 6.000.000 di “card” per accedere al sussidio, dichiarando una cosa non vera perchè non c'è ancora ufficialmente una legge che la autorizzi (abbiamo poi saputo che saranno le Poste a farlo..quando sarà). Ma anche chi spera che la questione del lavoro nero nell'azienda paterna potrà incidere sulla tenuta del governo non si illuda: in fondo, pur trattandosi di cose non banali, non sembrano avere quello spessore necessario per mettere Giggino nell'angolo, anche se lui dovrebbe rinunciare, per correttezza, al 50% della sua compartecipazione nell'azienda!
Invece la minaccia di morte (pare) indirizzata dai social ad un giornalista delle Iene, responsabili del servizio televisivo, è l'ulteriore conferma del degrado culturale in cui sta precipitando il Paese; l'intolleranza e l'odio (hate) che trasudano dalla rete (sulle cui basi grillini ed in parte la Lega hanno costruito le loro fortune elettorali) sono ormai la forma moderna dell'olio di ricino del Ventennio. Anche coloro che hanno votato Cinquestelle (e Lega) per rabbia, per ritorsione, per delusione verso una sinistra che si è parlata spesso addosso, o comunque verso una classe politica giudicata inadeguata a risolvere i problemi dell'Italia, molti di costoro dicevo non possono ora non prendere atto del pericoloso scivolamento cui stiamo assistendo, col prevalere di una “pancia” che chiede solo di essere saziata senza pensare al futuro (e questo sia sotto l'aspetto economico, sia sotto l'aspetto sociale e politico generale). Da qui la speranza che il Pd, unico potenziale baluardo a tale deriva, la smetta coi giochini tattici, la finisca di fare calcoli tipo “chi sta con chi”; propongano invece i candidati alla segreteria sin d'ora programmi ben delineati, almeno nelle linee generali, soprattutto mostrino la consapevolezza che o il Pd torna a parlare con le fasce più disagiate e con quel mondo delle professioni (Sanità, Suola, Ricerca, Università, Arte...) che ha sempre guardato “a sinistra” o rischierà di implodere, con Salvini padrone assoluto del campo.
Gianni Amendola
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