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martedì 29 dicembre 2020

OSSERVATORIO DICEMBRE 2020

L’OSSERVATORIO (20/12/2020) L’assoluzione in appello di Virginia Raggi spegne definitivamente ogni ipotesi di alleanza col Movimento 5 Stelle a Roma per le prossime amministrative del 2021, complicandone però la prospettiva probabilmente anche per le altre città coinvolte (Milano, Napoli, Torino, Bologna..). Intendiamoci: non sto insinuando un personale dispiacere per l’esito giudiziario, ma solo ribadire che la candidatura della sindaca (che comunque si sarebbe ripresentata anche in caso di condanna, come aveva già a suo tempo dichiarato) “obbligherà” i Cinquestelle a sostenerla, al contrario del Pd per il quale la Raggi era ed è indifendibile per quanto ha fatto o non ha fatto per Roma. E’ ancora presto per trarne conclusioni definitive, ma è possibile che il venir meno dell’alleanza auspicata per la capitale innescherà una reazione a catena che porterà il Movimento ad alzare il prezzo di ogni altro eventuale patto elettorale col Pd. L’assoluzione della sindaca è senz’altro notizia sgradita per buona parte dei Pentastellati, ma per loro è una sorta di nemesi, in quanto hanno fatto del tema “giustizia” una specie di patente di purezza (in sé non una cosa sbagliata), il lasciapassare indiscutibile per ogni candidatura o attività politica, quando invece deve prevalere un giudizio sull’operato concreto (poi certo ci sono reati e reati evidentemente…). In altri termini, quando nella logica pentastellata una giustizia funziona se “produce colpevoli”, per cui le assoluzioni (quelle degli altri) sono frutto di intrighi e sotterfugi, nel caso della Raggi questo si traduce in un appoggio “a prescindere”, nonostante il risultato ottenuto dalla sua sindacatura sia, a detta di tanti romani e non, assolutamente deludente. Se fossero un vero partito, quantomeno una forza politica aperta naturalmente ad un dibattito interno senza la finzione di una piattaforma e di una presunta alterità rispetto ad altri, potrebbero anche scegliere liberamente di cambiare candidato o comunque di accettarne uno all’interno di un’alleanza politica (come vorrebbe Zingaretti); ma non lo faranno perché sarebbe davvero la loro fine politica, il prendere atto di una scissione non più ricomponibile. Vedremo come finirà (con la Raggi a Roma nessuna alleanza coi Cinquestelle, questo è chiaro, sempreché il Pd romano non voglia suicidarsi; per le altre città non saprei, ma non sarei troppo ottimista). Matteo Renzi sta alzando il prezzo per il suo stare nella maggioranza. Dove arriverà? Decifrare l’ex-segretario piddino è sempre un’impresa anche se il merito di alcune questioni può essere condivisibile. Io spero come tutti che il governo sia in grado di gestire sapientemente i fondi del Next Generation Eu per un serio rilancio del Paese, che è ciò che conta davvero. La vera ragione per cui Conte sembra accentrare a sé alcune scelte non sta tanto o non solo nella instabilità della maggioranza, sempre segnata dalle tensioni dei Pentastellati ed ora dalle intemperanze di Renzi, quanto nel fatto che non avendo un vero partito alle spalle, in genere motivo di debolezza politica (è stato sì nominato dal M5S, ma è ormai adottato come punto di equilibrio del centrosinistra), l’accentramento di alcune importanti deleghe, quella sui Servizi ad esempio, diventa il suo punto di forza perché in tal modo può “dare lui le carte” di ogni eventuale rimpasto o redistribuzioni di compiti, nell’assenza di alternative parlamentari. Forse è la naturale evoluzione di una maggioranza messa su per evitare che il sovranismo portasse l’Italia sulle orme dell’Ungheria e della Polonia, ma che appare lontana da una visione ampia e condivisa del Paese; la questione Mes per la Sanità ne è l’esempio più eclatante, frutto com’è di una concezione della politica quale campo su cui piantare bandierine o di alleanze da interpretare come uno spartirsi di reciproci interessi elettorali (il “contratto” del governo Conte 1). Tutti hanno apprezzato la franchezza della Merkel nel riconoscere l’inefficacia delle misure di parziale lockdown che non hanno limitato la diffusione del coronavirus in Germania. Il passaggio ad un blocco totale è avvenuto a quanto pare senza polemiche da parte dell’opposizione. Qui in Italia l’ossessione elettorale, in questo anno disgraziato, del Centrodestra a trazione sovranista ha contribuito non poco nel guastare quel clima comunque di condivisione e solidarietà che all’inizio della pandemia aveva caratterizzato il nostro Paese. Quel cavalcare il comprensibile risentimento delle categorie produttive più penalizzate, le continue polemiche specie da parte dei Presidenti di Regione del centrodestra sin da marzo sui provvedimenti restrittivi (la revisione del titolo V’ s’impone urgentemente), per non dire successivamente delle polemiche idiote sull’uso delle mascherine, l’aver lasciato prosperare in quella parte del Paese più “destrorsa” idee quasi vicine al negazionismo, di cui scontiamo ora gli effetti, tutta questa continua critica e fibrillazione (ora Salvini parla del Natale come un “diritto” e che lui si autodenuncerebbe volendo violare come dice le norme circa gli spostamenti) non ha coinciso con un atteggiamento costruttivo, quanto invece con un continuo cercare la messa in crisi del Governo, il vero obiettivo perseguito in questa situazione. Al netto delle incertezze, dei continui ripensamenti circa le misure da prendere da parte del governo e delle suddette tensioni nella maggioranza, c’è da dire che il panorama politico italiano non è per nulla incoraggiante; perché quando in una pandemia siffatta si cerca comunque un consenso elettorale prima ancora della “messa in sicurezza” del Paese di fronte al diffondersi del virus (mostrando di trascurarne le misure preventive) vuol dire che per l’Italia ci vorrebbe davvero un “recovery plan” delle forze politiche… Buon Natale a tutti!! Gianni Amendola

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