Caporalato, Martina: mai più schiavi nei campi

Diritti dei lavoratori e difesa del reddito degli agricoltori per noi sono parte della stessa battaglia

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mercoledì 4 dicembre 2019

OSSERVATORIO DICEMBRE 2019

L'OSSERVATORIO Sarà forse troppo semplistico dirlo, ma credo che il vero motivo delle forti polemiche (se non proprio del durissimo scontro) in atto sul Mes stia nelle prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna, vero spartiacque della presente legislatura e quindi dell'attuale governo. E' evidente che una vittoria del centrodestra a trazione salviniana avrà immediati contraccolpi nel Pd e di conseguenza nell'Esecutivo, nonostante i tentativi che verranno messi in atto per disinnnescare la violenta deflagrazione politica che sarà stata provocata (del tipo: ”non sono elezioni a carattere nazionale” o “il Governo è fuori dalla contesa”...). Salvini, dopo l'exploit in Umbria, in grossa parte scontato in partenza, è (era?) convinto di sbancare anche in Emilia-Romagna, di dare perciò il benservito a Conte, andare alle elezioni anticipate, vincerle a man bassa e reclamare i “pieni poteri”. Non ha previsto però (come peraltro nessuno finora) il fenomeno delle “sardine”, un movimento spontaneo, ma non apolitico, anzi con una precisa scelta di campo, vale a dire l'anti-sovranismo, che sta riempendo le piazze italiane e non solo, in nome di una politica diversa, di un linguaggio non intossicato, direi anche di un modo di essere basato sulla riflessione, su risposte ponderate, sulla non demonizzazione dell'avversario e del diverso. Non si tratta dunque della ripetizione delle piazze “grilline”, nelle quali era dominante l'aspetto “distruttivo” nei confronti della politica in generale, dalle cui ceneri ne sarebbe poi emersa una del tutto nuova, partecipativa tramite la rete, cui tutti potevano far parte tramite un “click” dalla propria casa o dall'ambiente di lavoro, in un contesto di trasparenza ed onestà...No, in questo caso (con le “sardine”) si tratta di altro, cioè di un movimento sì spontaneo, ma che riconosce la complessità ed al contempo l'importanza della “Politica”, cui non ci si può sottrarre ponendosi in una posizione di “alterità”, ma assumendosi delle responsabilità in prima persona. E' chiaro che se tutte le “sardine” in Emilia-Romagna, proprio per evitare il sovranismo di una destra che cancellerebbe totalmente una storia radicata, dove credenti e non credenti hanno costruito uno stile di dialogo, una visione condivisa del bene comune, decidessero di andare a votare, certamente non lo farebbero a favore di Salvini. Ebbene, questa nuova realtà, contro la quale si scagliano ovviamente i quotidiani della destra, da “Libero” al “Giornale”, dal “Tempo”, quotidiano di Roma, alla “Verità” di Belpietro, nonché i vari talk show televisivi, guardacaso quasi del tutto sulle reti berlusconiane, rischia di essere “pietra d'inciampo” per il Capitano e company. In gioco ci sono appunto la crisi di Governo e le elezioni anticipate, perchè l'Italia diventi come l'Ungheria e la Polonia. Come riprendere allora un'iniziativa che possa mettere all'angolo il Governo, secondo Salvini? Niente di meglio che il tema del Mes; in fondo l'uomo della strada cosa sà e soprattutto cosa capisce di un problema molto tecnico anche se centrale per l'Eurogruppo e quindi per l'Italia? E' ovvio che nei tg o nei dibattiti televisivi questo “uomo della strada” ascolterà i suoi politici di riferimento o quelli da cui si sente meno distante; basta pertanto una propaganda ossessiva con slogan accattivanti (tipo: “si attaccano i risparmi degli italiani per finanziare le banche tedesche” o “Conte ha mentito al Paese”...), tanto da titillare quel rancore magari represso, ma sempre presente, di tanti elettori verso l'Europa e trasformarlo (intanto in Emilia-Romagna) in voti per il centrodestra. Il Presidente del Consiglio ha fatto bene a ricordare nel suo intervento di fronte alle Camere (ricordo che Conte non è parlamentare) i vari passaggi nei Consigli dei Ministri del suo precedente governo “giallo-verde”, richiamando tutti, in primis i suoi ex vice-ministri, alla corresponsabilità della scelta; ma evidentemente l'importanza della partita (le elezioni anticipate) è tale che la Destra non mollerà l'osso di un millimetro e continuerà a sparare a palle incatenate, in quanto se non vincesse le prossime regionali (ci son anche quelle in Calabria) cosa le resterebbe a tal fine? Sperare che il Governo si decomponga autonomamente? Qui entra in ballo Di Maio, sempre più rabbuiato e sempre più contestato dal suo Movimento, che ormai da quasi 2 mesi non elegge nemmeno il capogruppo alla Camera. Giggino soffre perchè Salvini sta occupando l'area politica del “no all'Europa”, sobillata come detto da una propaganda continua e pervicace; in un momento in cui il crollo dei voti sembra inarrestabile, mettendo in discussione l'esistenza stessa del Movimento, il trovare spazi elettoralmente molto ghiotti già occupati, è per lui inaccettabile. Del resto, perchè Di Maio chiede “ora” lo slittamento della firma del Mes? Perchè chiede “ora” che la firma sia contestuale alla riforma bancaria europea? Non lo sapeva prima? E allora perchè non dirlo subito dopo gli accordi raggiunti dal ministro Tria? Ma è solo per l'imminenza della competizione elettorale emiliano-romagnola, che potrebbe segnare per i grillini un'ulteriore tracollo politico; l'eventuale “compensazione” del Pd infatti, che speriamo confermi la sua leadership regionale, creerebbe una situazione ancor più indigeribile per Giggino, in quanto i “democrat” a quel punto diventerebbero il perno centrale dell'alleanza governativa, imponendo la propria agenda. Una cosa devastante per il M5S, a partire da Di Battista, con cui Di Maio sta ricollegandosi, al fine di tornare alle origini e risvegliare la base. Ma ciò che i Pentastellati si rifiutano di accettare è che, stando al potere, si stanno trasformando di fatto in un partito come gli altri, attraversato da personalismi sempre più incontrollati (basti citare Barbara Lezzi, lo stesso Toninelli e altri, guardacaso proprio coloro che non sono stati confermati “ministri”), una cosa inconcepibile anni fa per il Movimento! Ma a mio avviso il vero problema è il non voler fare una scelta di campo tra “destra e sinistra” e continuare a definirsi “post-ideologico” (il movimento delle “sardine” sta invece confermando che la distinzione c'è!), la qual cosa appare ormai ai più una sorta di trucco per “stare comunque al potere” (una politica dei “due forni”, se vogliamo). Come già detto altre volte in precedenza i grillini “devono” essere al governo per poter esistere; essere relegati all'opposizione, senza una prospettiva immediata di potere, li condannerebbe pian piano all'irrilevanza e li spaccherebbe definitivamente. Di Maio quindi gioca una partita personale (sai che novità!), perchè solo tenendo in un modo o nell'altro unito il gruppo, che unito non è, può sperare di mantenere il suo ruolo; in caso contrario sarà il primo a pagare. Cosa farà un domani se la piattaforma Rousseau non lo confermasse tra gli eleggibili (essendo peraltro trascorse due legislature)? Questa è la partita in gioco, per lui ed i Pentastellati di cui è il capo politico! E allora: davvero pensiamo che ci tenga a stringere un'alleanza organica col Pd, mettendo a rischio il suo futuro politico? Gianni Amendola

mercoledì 13 novembre 2019

OSSERVATORIO NOVEMBRE 2019

L'OSSERVATORIO Il governo sta mostrando ahimè tutti i limiti già evidenti all'atto della sua formazione ma che si sperava potessero pian piano essere superati nell'ambito della prospettiva di una coalizione di lungo periodo, specie dopo la traumatica rottura tra Cinquestelle e Lega. Purtroppo il M5S sta rivelando la sua incapacità, direi strutturale, di uscire dai suoi schemi di “lettura” della realtà ed è in preda, come già ricordato su queste note, a contrasti interni molti forti con una progressiva delegittimazione del ruolo di Di Maio, il quale peraltro continua a rimanere dov'è, quasi che le sconfitte elettorali siano state solo occasionali incidenti di percorso. Il caso dell'ex-Ilva al riguardo è emblematico, perchè l'iniziale “no” allo scudo legale, diventato poi “sì” (prima della rottura con Salvini), ora è tornato (per i Pentastellati) di nuovo “no”, grazie all'emendamento della sen. Lezzi, uno delle frondiste anti-Giggino, probabilmente delusa dalla mancata riconferma a ministro (ma il Movimento non predicava il distacco dal potere, che è roba della casta?). Di Maio non ha potuto smentire di non essere più in grado di controllare i suoi e per quanto non abbia gradito si è allineato al “no” del suo gruppo senatoriale, minacciando il Pd a non forzare la mano sul tema! Ora il rischio del Partito Democratico è proprio l'essere identificato come la causa principale dell'incapacità dell' Esecutivo nel proporre un salto di qualità dell'azione politica; ciò che indigna è il sentire che la colpa della situazione dello stabilimento di Taranto sia solo del governo Conte 2, come se nel “Conte 1” i problemi fossero stati risolti. Dov'era Salvini quando Di Maio proclamava alla sua maniera l'aver chiuso l'annosa vertenza con l'ex-Ilva in pochi mesi? O davvero si vuol far credere (con le Regionali in Emilia-Romagna alle porte!) che con la Lega al governo le cose non sarebbero arrivate a questo punto? E cosa pensa allora il centro-destra dell' intervista a Repubblica rilasciata da Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, che con chiarezza dice che sarebbe meglio, al posto delle ipotizzate tasse su plastica ed auto aziendali, destinare al taglio del cuneo fiscale le risorse spese per il Reddito di Cittadinanza e per “quota 100”, vale a dire le riforme cardine del precedente governo giallo-verde? Che ne pensa la capogruppo di Forza Italia al Senato, Anna Maria Bernini, la quale in un servizio del Tg ha detto che l' “attuale governo sta massacrando gli Italiani”, quando la manovra finanziaria non è stata ancora approvata, quindi è tuttora in atto quella dell' Esecutivo penta-leghista precedente? Occorrono risposte rapide e puntuali a queste insinuazioni, fatte solo a scopo elettorale! Certamente anche il Pd non è esente da responsabilità, in parte legate al non voler acuire troppo i contrasti coi Cinquestelle, pure dopo aver ingoiato diversi rospi tra cui il taglio “su due piedi” dei parlamentari, in parte ad una difficoltà ad esprimere una linea chiara ed inequivoca, pur al netto della scissione di Italia Viva. Ora che succederà? Bisognerebbe essere maghi per prevederlo... Sicuramente i casi di Taranto (peraltro una bellissima città!) e di Alitalia, due casi emblematici delle nostre difficoltà economiche, impongono un generale ripensamento della politica industriale, senza lasciarsi prendere dall' idea, finora fallimentare, dell' “italianità a tutti costi” (Berlusconi tentò col suo governo di difendere la compagnia di bandiera proprio in nome di ciò ed i risultati si son visti! Vero Salvini? Vero Bernini?), tanto più che abbiamo Fincantieri che compra Stx e Fiat che compra Crysler ed ora si allea con Peugeot (quindi, se in salute, anche le aziende italiane possono acquistare all'estero)...Ci si rende conto però che occorrerebbe un altro governo con un'altra maggioranza, al momento prospettive lontane. Una considerazione circa il voto in Emilia-Romagna, ora che Italia Viva ha ufficializzato la non presentazione di proprie liste. Si spera che gli “italo-vivaisti” (si chiamano così?) nelle urne non facciano mancare il sostegno a Bonaccini (almeno a lui!) e magari qualcuno di loro anche al Pd. Il prossimo appuntamento nazionale del partito a Bologna, si spera, ridia slancio e soprattutto ri-motivazioni ad un elettorato che ultimamente ha girato in parte le spalle alla sinistra. E chiedere agli emiliani e romagnoli se davvero vogliono farsi governare dalla Bergonzoni (quindi da Salvini), dopo l'atteggiamento della Lega (e del centrodestra) in Parlamento sulla Commissione Segre, dopo il silenzio sulle parole e gli atti (il negare i soldi ad uno studente per un viaggio ad Auschwitz perchè iniziativa “a senso unico”!) del sindaco di Predappio, dopo l'assenza di commenti (di Salvini e centrodestra tutto) sulla cena ad Ascoli Piceno in occasione della data della marcia su Roma, cui hanno preso parte diversi esponenti del centrodestra locali e nazionali; e ancora, dopo gli inquietanti segnali che provengono dall'incendio a Roma della libreria antifascista “Pecora elettrica” e poi di un locale adiacente, il cui proprietario aveva espresso solidarietà. Per non parlare dell'ormai ostentato orgoglio nel definirsi di estrema destra, ormai non solo nelle curve degli stadi..Questo quadro, che troverebbe ulteriore legittimazione nel nostro Paese da una vittoria di Salvini alle prossime Regionali, contrasta radicalmente con la storia e la cultura anche politica degli emiliani-romagnoli...Risvegliamola se necessario questa coscienza!... Abbiamo taciuto finora circa le “oscurità” della Lega salviniana, a partire dagli ormai famosi 49 milioni di finanziamento, non si sa dove finiti, per arrivare ai rapporti economici con la Russia (Russiagate), su cui continua il silenzio del Capitano, ed ora anche al caso dell'acquisto di “300.000 E in bond” di ArcelorMittal nel 2013, rivenduti pare due anni dopo, quando per la legge sul finanziamento dei partiti del 2012 sono vietati investimenti in Borsa se non su titoli italiani o paesi europei; per non dire ancora della trasferta dell'on. Rixi a Londra (probabilmente i dirigenti dell'azienda si fidavano di più della Lega rispetto ai Cinquestelle, per cui è verosimile che vi potessero essere interlocuzioni più dirette con Salvini e co.), poco prima che la multinazionale franco-indiana minacciasse l'abbandono di Taranto in caso fosse saltato lo scudo legale...Non facciamo dietrologie, ma cose da chiarire ce ne sono: si può chiedere a Salvini di farlo in maniera esauriente prima delle Regionali in Emilia-Romagna? O no? …......................................................................... La signora Zanrosso, 68 anni di Bologna, è stata una “hater” di Mattarella e ora ha implorato il magistrato che l'ha interrogata, per vilipendio al Presidente della Repubblica, di potergli chiedere scusa, anche in ginocchio. Il fatto risale allo scorso anno, all' atto della formazione del governo giallo-verde, quando Mattarella pose il veto alla nomina di Paolo Savona a ministro per le sue dichiarazioni anti-euro e per un piano B (l'uscita dalla moneta). Di Maio, ancora preso dall'euforia della vittoria alle urne, ne propose l'impeachment, presto smentito il giorno dopo! Le dichiarazioni della signora meritano però una sottolineatura perchè, cito testualmente, “c'era un clima molto caldo, in cui gli animi erano surriscaldati da alcuni parlamentari del M5S di cui ero simpatizzante. Mi sono lasciata contagiare stupidamente da questi fatti...”. Ora, che una donna anziana ma attiva, amante a suo dire della pittura e degli animali, madre e nonna, bolognese, quindi di una città dove la politica è quasi pane quotidiano, scenda a quel livello di insulti verso la più alta garanzia istituzionale la dice lunga sulla pervasività del messaggio on line con cui i Cinquestelle, ma non solo, cercavano il consenso, caricando o peggio sovraccaricando i toni, e di come molta gente, animata anche da una “giusta” rabbia verso l'inconcludenza di tanta politica, abbia perso allora, fors'anche oggi, una capacità critica e una “serenità” di valutazioni. La pacatezza non è arrendevolezza o scarsa incisività, ma certo che tra i toni di uno Zingaretti e quelli di un Salvini la differenza si nota: il primo ragiona e cerca di offrire soluzioni (condivisibili o meno, come per tutti), l'altro “urla” i problemi senza offrire risposte vere, chiedendo agli elettori proprio perchè urlante, mostrando il petto all'Europa ed ai migranti, di affidargli i pieni poteri... La versione strillona, spaccona e sovranista del “ghe pensi mi”! Potremo dire che il “salvinismo è la fase suprema del berlusconismo”? Gianni Amendola

mercoledì 30 ottobre 2019

OSSERVATORIO OTTOBRE 2019 SPECIALE

L'OSSERVATORIO. La sconfitta in Umbria era ampiamente prevista; anche se da sempre regione “rossa” c'erano stati da tempo segnali di ribaltone politico. Già nel 2014 infatti, l'anno del Pd al 40%, Perugia era andata ad appannaggio del centrodestra, poi nelle successive tornate amministrative locali è toccato a Foligno, Todi, Terni...L'ex presidente di Regione, Bruno Brancalente (1995-2000), che è anche docente universitario di Statistica Economica, ha detto che l'Umbria “è quella tra le regioni italiane ad aver recuperato meno dalla crisi del 2008; da allora è iniziata quella disaffezione politica per cui Salvini pian piano è diventato il leader più votato fino al punto che la regione è la quarta in Italia per penetrazione leghista, dopo Veneto, Lombardia e Friuli”. Se questa è la cornice c'è da sottolineare come l'alleanza giallo-rossa, appena costituitasi, ha avuto un solo mese per presentarsi, mentre Salvini batteva la regione palmo a palmo già da molto tempo. Ma tale notazione, seppur vera, da sola non può bastare a giustificare una sconfitta così pesante nei numeri; resta sempre da chiedersi perchè anche lì, nella regione “cuore” dell'Italia, il Pd abbia perso progressivamente il contatto con la sua gente, né può sufficiente prendere atto che se tutto sommato “ha tenuto” (più o meno nelle percentuali accreditate dai sondaggi a livello nazionale), altrettanto non può dirsi degli alleati pentastellati, ancora in caduta libera (magari se avessero mantenuto la stessa percentuale delle Europee, il distacco sarebbe stato inferiore). Vero è che Zingaretti ci ha messo la faccia, ma è solo da marzo il Segretario di un Pd che ad agosto si è trovato nella condizione, dietro pressioni provenienti da vari ambienti culturali, economici e religiosi, a dover farsi carico (non ad ogni costo) del governo del Paese assieme ad una forza, tuttora maggioritaria in Parlamento, ma assai lontana da una visione istituzionale, che continua a richiamarsi a parole d'ordine e a slogan da trasformare in leggi e che nel suo credo ha il superamento del Parlamento stesso. Non penso sia stata colpa della manovra economica questa debacle elettorale dell'alleanza; in fondo nell'anno in cui è stato al Governo Salvini le tasse sono diminuite? Non mi pare...Certo, mi risulta incomprensibile il motivo per cui non è stato spiegato con chiarezza, come ha fatto recentemente Tito Boeri, che la “quota 100”, che cesserà nel 2022, produrrà poi uno scalone pensionistico di 6 anni, per cui (per fare un esempio) vi sarà notevole differenza tra un nato nel dicembre '61 ed uno nato nel gennaio '62, dunque entrambi sessantenni e con 40 anni lavorativi! Forse perchè i Cinquestelle hanno cercato di difendere il loro operato nel governo precedente (per poter poi dire che il Pd si è dovuto piegare al loro programma) e pertanto, in nome della nuova alleanza, non si poteva toccare questo tasto? Ora, io credo che, piaccia o meno, il governo dovrà andar avanti per coerenza, si spera con minore conflittualità e con una maggiore radicale incisività; ovvio che non può dare le dimissioni solo perchè la coalizione che lo sorregge ha perso in Umbria: sarebbe come dire che ad ogni tornata elettorale (ed in Italia ce ne son tante), qualora un risultato sia penalizzante, qualunque Esecutivo in carica deve dimettersi! In America, nelle elezioni di “mid term”, molto spesso i Presidenti eletti 2 anni prima perdono la maggioranza al Congresso, ma non per questo danno le dimissioni. Così pure in Germania con le elezioni nei lander, o in Francia o in Gran Bretagna..Da noi la palla passerà ora ai grillini, cioè a Di Maio, ormai contestatissimo all'interno del Movimento, il quale, non avendo mai “amato” veramente questa alleanza col Pd, ha già detto che non può funzionare, almeno a livello territoriale. Ma il presidente Mattarella, gli stessi Conte e Zingaretti, hanno dichiarato che la caduta dell'Esecutivo giallo-rosso (dal “no” sui territori” al “no” al governo il passo è breve!) significherà elezioni anticipate. I Cinquestelle le vogliono? E Italia Viva di Renzi? Non credo, verrebbe infatti meno il motivo fondamentale per cui è nata questa coalizione! Sostituire Conte? E con chi? Con Draghi? Non lo credo nemmeno. Il destino di Di Maio però si lega in modo netto alla durata della presente legislatura: se la base pentastellata lo sfiduciasse potrebbe succedergli Fico, ma è il Presidente della Camera. La conferma di Giggino invece potrebbe assumere per loro aspetti laceranti; il fatto è che l' “anomalia” del Movimento, aggregatosi on line, non prevede un congresso in cui confrontare linee politiche diverse, quindi una maggioranza ed una minoranza. Tutto è deciso “altrove” con Grillo ma soprattutto con Casaleggio, il quale ha bisogno da par suo di un Movimento al potere, per far crescere la sua azienda (e quindi il proprio fatturato); allo stesso modo, configurando un conflitto d'interessi evidente e irrisolto, il Movimento ha bisogno di una “Casaleggio Associati” per poter vivere, in tutti i sensi, politicamente. In questa situazione cosa dice Grillo? E Casaleggio? Ma c'è una domanda che i grillini non possono più eludere, vale a dire: come mai nonostante il reddito di cittadinanza, il taglio dei parlamentari, le manette agli evasori, il consenso sta franando sempre più? A mio avviso, benchè esista un populismo diffuso, è perchè la gente prima o poi si accorge che queste “bandierine” identitarie non fanno una visione politica; tra l'altro i Cinquestelle hanno frequentemente oscillato intorno a questioni chiave (l'Europa, la politica industriale, con tutte le grosse vertenze non risolte..). Ma se poi, ad esempio, al taglio dei parlamentari non si accompagnano riforme incisive nel mondo del lavoro, della scuola, della sanità, a che serve? A dire che si è combattuta la casta? Dopo un po' la gente ti volta le spalle! Il Movimento, con tutta la sua struttura, è in grado ora di “diventare un'altra cosa”? E chi potrebbe farlo uscire dal guado da loro stessi creato? Ancora Grillo o Casaleggio? O lo stesso Conte? Sono domande che richiedono risposte “a breve”, visto l'incalzare delle situazioni, non solo italiane...Il tutto necessariamente si riflette sul Pd, che paradossalmente sembra star meglio, in quanto c'è un consenso che sale poco alla volta (non dimentichiamo che senza la scissione dei renziani la percentuale sarebbe salita almeno di un paio di punti), ma ovviamente non dimenticando che in Umbria si è perso comunque il 13%, c'è da ricostruire una linea politica che parli al Paese, opposta al populismo; compito improbo poiché esiste un'onda lunga che non si infrangerà presto. Ma questa capacità di rivolgersi a chi più è in difficoltà non potrà che tradursi in presenza capillare sui territori, nelle periferie; il partito lì soprattutto, in quei luoghi di disagio, deve offrire la sua alternativa al salvinismo, offrendo spazi e momenti di aggregazione, insieme con quelle realtà del mondo cattolico e non solo, con iniziative “continue” che possono andare, chesso', dal doposcuola per i bambini ad eventi di dibattito su temi politici, sapendo parlare un linguaggio comprensibile che arrivi al cuore delle persone. Ci vorrà del tempo probabilmente, ma è come arare un terreno e gettarvi il seme: dopo un po' cresce la pianta! Occorre però nel frattempo ripensare il modo di essere dei circoli: bisogna aprire ai contributi di chi, pur non iscritto, vuole impegnarsi, creare occasioni di dibattito e di studio (non vorrei essere autoreferenziale, ma quando facevo parte del Comitato Garanti, insieme a figure quali Francesco Porcellana ed il senatore Giovanni Saracco, si organizzò una serie di incontri sulla Costituzione, che via via raccolse un uditorio crescente, in orari feriali pomeridiani, di circa una trentina di iscritti...), insomma un ruolo di “formazione”. Una parola infine su Italia Viva. E' del tutto evidente che Renzi fa' ora la sua partita contro il Pd e Zingaretti in particolare; al di là della valutazione di opportunità circa la “foto di Narni” la sua assenza era una mossa calcolata. Ben sapendo che comunque la sconfitta era scontata, ha voluto eclissarsi, quasi a tirarsi fuori per avere buon gioco a criticare quei protagonisti e acquisire così, dal suo punto di vista, un'autorevolezza maggiore nell'imporre la linea al Governo. Ma ormai Renzi porterà avanti la sua idea di partito macroniano; potrà a livello locale allearsi col Pd, come farà in Emilia e certamente in Toscana, ma la fisionomia di Italia Viva sarà quella di un partito centrista, aperto da Forza Italia, ormai in disarmo, ai futuri fuorusciti dal Pd, come spera. Il suo problema è che l'andare ora alle elezioni anticipate sarebbe letale, quindi non potrà tirare la corda più di tanto; ma l'idea di far cadere Conte per dare a Di Maio la leadership del Governo mi sembra del tutto improponibile...Staremo a vedere. Gianni Amendola

domenica 20 ottobre 2019

L'ARTE DI AMMINISTRARE

Il corso di formazione si svolgerà sabato 26 ottobre e sabato 9 novembre 2019, dalle ore 9 alle ore 13 ad Asti, presso il Polo Universitario Rita-Levi Montalcini. Quota di iscrizione: 10,00 euro.
L’ARTE DI AMMINISTRARE 2019
Qui di seguito il link per iscriverti direttamente online:
http://bit.ly/314uq81
Oppure scrivere ad info@pdpiemonte.it
lasciando i riferimenti ed indicando la/le date in cui intendete partecipare.

lunedì 14 ottobre 2019

OSSERVATORIO OTTOBRE 2019

L'OSSERVATORIO La riduzione del numero dei parlamentari viene salutata come una vittoria di Di Maio, ma era scontata in quanto c'erano già state 3 letture alle Camere e se non fosse caduto il governo precedente sarebbe stata approvata insieme con la Lega. Era naturale che all'atto della formazione del “Conte-bis” i Cinquestelle avrebbero innalzato questa loro bandiera; a quel punto, una volta accettato il riassetto istituzionale che tale riduzione comporta, non poteva che esserci il via libera. Quello che invece và fatto, da parte del Pd e non solo, è stroncare immediatamente la retorica dei grillini circa il risparmio economico, che secondo le stime di Cottarelli ad esempio varrebbe lo 0.07% della spesa pubblica; non può essere accettata questa motivazione, è propagandistica e fuorviante. Tra l'altro è anche doveroso chiarire, in tv, nei giornali, sui social, che il taglio dei parlamentari non ha nulla a che fare con la “casta”, perchè il loro numero era stato stabilito in sede costituzionale, con qualche “aggiustatina” successiva sulla spinta dei maggiori partiti dell'epoca (Dc e PCI) che avevano interesse, in quanto partiti di massa, a limitare l'estensione dei collegi. Il numero di 945, tra onorevoli e senatori, risale quindi ad almeno 50 anni fa; cosa c'entra la casta? E' ovvio che la crisi del 2008, da cui non siamo ancora completamente usciti, l'immagine di una politica incapace, se non di risolvere, quantomeno di saper cogliere le istanze della gente, i pessimi esempi di coloro che sia a livello nazionale sia a livello regionale han mostrato come l' “essere in politica” era soprattutto un modo per arricchirsi, tutto ciò ha creato quel profondo malcontento che i grillini hanno cavalcato e portato “così com'era” in Parlamento. Solo che ai Pentastellati è mancata finora la capacità di orientare questo rancore verso il Palazzo, dandogli uno sbocco politico-istituzionale; sin dall'inizio si sono presentati come anti-sistema senza indicarne uno diverso, se non il sogno della democrazia diretta, con i click da casa. Il taglio dei parlamentari risponde a questa logica “punitiva” per cui è bene tagliare per ridurre “gli sprechi” della politica e restituire ai cittadini i soldi risparmiati, come un risarcimento sociale. Ai Cinquestelle non è mai interessato il discorso della rappresentatività e dei collegi elettorali, perchè o avrebbero dovuto desistere dal progetto (del taglio) oppure avrebbero dovuto inserirlo all'interno di un riassetto costituzionale (che avrebbe richiesto un confronto continuo con le altre forze politiche), ma in entrambi i casi non vi sarebbe stato “l'incasso” immediato (la bandierina da piantare), e questo per la loro logica e mentalità non avrebbero mai potuto permetterselo. In linea di principio una riduzione del numero dei parlamentari non è un fatto negativo; lo è invece questa logica che la sottende, che lancia il messaggio di una politica come cosa sporca che ha bisogno dei essere purificata dai giustizieri eletti dal popolo. La prudenza di cui viene rimproverato Zingaretti, che si vorrebbe più puntuale nel ribadire, sostenere e difendere i punti fermi del partito (ius culturae, rimozione dei “decreti sicurezza”, apertura dei porti anche alle Ong...) è legata sicuramente al tentativo di stabilire coi grillini un rapporto sempre più organico, ad iniziare dalle prossime Regionali in Umbria. Anche se l'alleanza col Movimento non mi entusiasma personalmente và ricordato che alla base delle sconfitte nelle scorse Amministrative, dai Comuni persi alle Regioni poi passate al Centrodestra, c'è sempre stato, pur se non sancito da alcun patto scritto, un fluire di voti, nei ballottaggi, dall'elettorato pentastellato al Centrodestra e viceversa (come nel caso di Roma), solo in chiave anti-Pd. Si possono spiegare diversamente le vittorie della Appendino e della Raggi? Il che comunque non esime il Pd dalle proprie responsabilità...Staremo a vedere, come sempre, ma al riguardo i segnali dai territori non sono incoraggianti; nel Lazio ad esempio i grillini forse voteranno una mozione di sfiducia verso Zingaretti (il quale come si sa non ha la maggioranza assoluta) e si è pure costituito un gruppo on line di dissidenti pentastellati “Mai col Pd”... Abbiamo già detto che la navigazione del Governo non sarà tranquillissima, ma credo sia compito di Conte, che non è più il garante di un contratto (un modo elegante, per l'esultanza dei gonzi sulla rete, per dire che ogni contraente portava avanti le specifiche priorità, al di fuori da una visione d'insieme) quanto il primo responsabile di un programma che ambisce ad essere di legislatura, a richiamare soprattutto i grillini (Di Maio sostanzialmente) ad evitare i toni di parte, a parlare sempre di scelte di governo e non del Movimento, a dire allo stesso ministro degli Esteri di non tenere incontri coi propri parlamentari nei locali della Farnesina, quasi a rimarcare proprie diversità, di evitare “balconi” cui affacciarsi e gridare “abbiamo abolito la povertà”...Non è un contratto, questo, col Pd! Si aggiungano inoltre i sommovimenti interni ai Cinquestelle, tra i quali la figura del loro capo politico non sembra godere di credito assoluto; iniziano ad esserci cambi di casacca, oltre alla (finora) mancata nomina, per mancanza di voti necessari, dei capigruppo di Camera e Senato. Adesso però si è aggiunta la questione assai scivolosa del “Russiagate” che coinvolge Giuseppe (i) Conte, tanto più che la direzione del Copasir è appena andata al leghista Volpi, il quale avrà tutto l'interesse a “far cuocere il premier a fuoco lento”...Vedemo...! Il tesseramento del Pd invece sembra stia andando bene; speriamo che la “convention” sulle Idee a novembre dia un ulteriore e più definito profilo al partito; nel frattempo si torni ad incontrare la gente nei territori: siamo di fatto l'unico baluardo per evitare la deriva nazional-sovranista. E i fatti che accadono nel mondo, ma anche nella nostra Europa a partire dall'attentato di Halle in Germania, ormai dimostrano che non si tratta più di azioni singole di qualche “disturbato”, ma di chi si ritiene l'avanguardia di un movimento più esteso legittimato a tal fine, che potremo definire la “fase suprema” di questo sentire politico (il nazional-sovranismo appunto)!..Con tutto quello che può oggi significare. Gianni Amendola

martedì 24 settembre 2019

OSSERVATORIO 2 SETTEMBRE 2019

L'OSSERVATORIO L'alleanza col M5S è costata al Pd l' uscita, peraltro ampiamente prevista, di Renzi con 40 parlamentari per la formazione di Italia Viva (che sembra ricalcare Forza Italia o...Italia Forza) e quelle di Calenda e di Richetti, entrambi proprio a causa di questa alleanza. Non sto ora a commentarne le ragioni (ma mi domando: si può uscire dal partito a motivo di una scelta governativa non condivisibile, comunque sofferta anche dalla maggioranza?), pur se trattasi ad ogni modo di cosa sgradita perchè si deve sempre lottare da dentro, altrimenti ognuno può farsi un partito, basta dissentire su un qualcosa. Circa la scelta di Renzi invece è evidente che, al di là delle sue parole, esiste un problema personale, legato al suo “Io ipertrofico”: lui non è persona che sà stare nelle retrovie, che sà lavorare “nel partito” come minoranza per cambiarne legittimamente le strategie, no; lui sà e vuole essere capo, vuole e deve decidere la linea, deve essere protagonista principale e non comparsa. Purtroppo per lui la sua magica stagione è durata lo spazio di 2 anni, durante i quali però ha inferto duri colpi alla “sinistra” in generale (al di là di cose buone che pure ci sono state), incarnando tra l'altro uno stile di comando da “uomo solo” che parla direttamente ai cittadini attraverso i social, scavalcando ogni mediazione, dal sindacato ai movimenti di base, dall'associazionismo al mondo della cultura, compresa la scuola. In questo è stato divisivo, a volte al limite della denigrazione degli avversari (interni soprattutto). Chi non ricorda il “Fassina chi”? O il “ciaone” rivolto a chi stava per andarsene? Ora, dopo aver spinto perchè si formasse l'attuale governo, non solo per combattere il “salvinismo” quanto soprattutto per evitare le elezioni anticipate che avrebbero ridotto numericamente la pattuglia dei suoi fedelissimi, ha pensato bene di uscire dal Pd, richiamandosi come nel suo stile a immagini suggestive ma spesso vacue, quali “futuro”, “nuova avventura”, “saremo quelli del sorriso”, per tornare a dare le carte (ora il governo è a 3 e non più a 2). Intanto sarà solo un caso, ma sembra che si stia assistendo nel Pd ad un incremento di richieste di tesseramento. Come però ha ribadito in un'intervista all'Huffington Post (diretto dalla Annunziata) pare non abbia per nulla gradito il fatto che l'attuale ministro delle Riforme abbia votato “no” al referendum del 2016 ed è stato contro il Jobs Act, come se il Pd si vergognasse di quanto fatto dal governo da lui guidato. Il fatto è che vale per Renzi quanto detto per Di Maio: imparare la parola “autocritica”, quella capacità cioè, evidentemente non comune a tutti, di saper riconoscere gli errori, perchè le sconfitte non arrivano a caso. Del resto, per fare solo un esempio, quando nel referendum on line proposto ai Docenti prima della legge 107 (la Buona Scuola) prese atto che l'80% respinse la proposta del “bonus” e del preside “sceriffo”, senza però che di questo se ne tenesse minimamente conto nella sua successiva promulgazione, come si fà a non ritenerlo uno sbaglio, costato peraltro al Pd un notevole numero di voti? Autocritica? Non pare ci sia stata! Riguardo al governo poi è evidente che la sua navigazione non è né sarà tranquilla. I Cinquestelle hanno la convinzione che governare sia piazzare bandierine; il taglio dei parlamentari ne è l'esempio più lampante: se la Costituzione ha stabilito 630 deputati e 315 senatori, pur in un'Italia che all'epoca aveva circa 40 milioni di abitanti, è perchè bisognava (e bisogna) garantire una adeguata rappresentatività a livello regionale. Se il M5S avesse una autentica “visione politica” (al di là dei click degli elettori) avrebbe compreso immediatamente questo fondamentale aspetto, per il quale si rende necessaria la revisione e l'ampliamento dei collegi; la logica della bandierina invece richiede il taglio come uno scalpo, un segnale punitivo nei confronti della classe politica considerata inetta nel suo insieme, da poter poi esibire sui social. Fa' bene quindi il Pd a legare la riduzione dei parlamentari ad un riassetto istituzionale più generale, tra cui ci sarà necessariamente la legge elettorale che a mio avviso non dovrà limitarsi a fotografare il quadro dei partiti (sistema proporzionale), quanto ad offrire maggioranze stabili (personalmente, come ho già detto, sarei favorevole ad un ritorno del “Mattarellum” che, ricordo, è per il 75% maggioritario, per il 25% proporzionale). Staremo a vedere.....Certo, nel frattempo Di Maio sembra comportarsi come fosse sempre vice-premier e non un ministro facente parte di una compagine; interviene spesso su temi di sua non stretta pertinenza e riunisce i ministri e sottosegretari pentastellati alla Farnesina, quasi a voler ribadire una “alterità” tra M5S e Pd. In nome della governabilità sembra per ora che si voglia passarci sopra, ma potrebbe diventare un tema di scontro. Perchè se il Pd si divide i Cinquestelle non sono da meno, anche se non pare; esiste ormai una consolidata ala governista che mal sopporta le uscite fuori programma di Di Battista, il quale probabilmente soffre di astinenza da governo, ed è presente un'opposizione finora poco visibile (ma nel Movimento un parere diverso è ammissibile?) allo stesso Di Maio, individuato come causa del tracollo elettorale e criticato per il suo agire “da solo” senza un vero confronto interno. E' da tenere in conto che questa alleanza col Pd, mal digerita da buona parte della base e dei parlamentari, potrà far implodere il Movimento stesso, quando si tratterà di fare scelte su questioni più divisive. I temi potranno essere, li nomino alla rinfusa, la giustizia (almeno su alcuni aspetti), le riforme istituzionali e la legge elettorale, l'elezione del Presidente della Repubblica (la cui data viene indicata quale capolinea probabile dell'attuale governo), il lavoro, specie se si dovrà metter mano al reddito di cittadinanza (non subito)...Staremo a vedere appunto; nel frattempo speriamo che nonostante tutto il Pd recuperi elettoralmente e quindi, a tal fine, torni a dialogare (che vuol dire comprensione delle ragioni dell'altro) col mondo che gli ha voltato le spalle... Gianni Amendola

mercoledì 4 settembre 2019

OSSERVATORIO SETTEMBRE 2019

L'OSSERVATORIO. Ripeto all'inizio del presente scritto quanto detto nel precedente numero, che cioè la situazione politica è talmente fluida (sto scrivendo oggi lunedì 2/9 nell'attesa come tutti delle votazioni sulla piattaforma Rousseau di domani) che qualsiasi considerazione potrà essere superata dai fatti. Diciamo allora che la crisi di Governo sta confermando un sostanziale inaffidabilità dei Cinquestelle, peraltro assai divisi al loro interno, che nasce proprio dal loro essere un “non partito”, con un sottofondo non rimosso di anti-istituzionalità, e dalla loro natura fondamentalmente settaria. Hanno un capo politico, ora piuttosto discusso a quanto pare, che però in certo modo dipende dal Capo Supremo (Grillo, l'Elevato) e da Davide Casaleggio, figura dai tratti somatici un po' inquietanti, padrone assoluto dell'omonima azienda “associata” e della suddetta piattaforma on line, già condannata dal Garante per la scarsa attendibilità dei risultati delle consultazioni (manipolabili) senza una piena garanzia della privacy degli iscritti (115.000), ma senza la quale i grillini non potrebbero sopravvivere (e viceversa). Questo capo politico è l'unico, credo, in tutte le democrazie occidentali ad essere rimasto in sella nonostante la pesante scoppola elettorale delle ultime Europee, senza peraltro mai un'analisi autocritica (in questo magari non è stato il solo..) su quanto uscito dalle urne e senza che nessuno mai, all'interno del Movimento, ponesse con forza il problema delle dimissioni. Non soltanto è rimasto capo (con gli endorsement dell'Elevato e di Casaleggio), ma ora assume toni muscolari nella trattativa con il Pd, cercando di imporre le proprie condizioni in modo ultimativo. Sono 3 a mio avviso i motivi del suo irrigidimento, proponendo come ha fatto i 20 punti “imprescindibili”: il primo è che teme il forte ridimensionamento personale che avrebbe senza la vice-presidenza del Consiglio, tanto più anche senza un ministero “di peso”, e che lo indebolirebbe nei confronti dei suoi parlamentari; un po' come prendere atto che in un governo di svolta, in quanto tale, non vi sarebbe un posto in prima fila per lui in quanto espressione di un governo finito e fallimentare (cosa inaccettabile per uno che sta costruendosi tutta una carriera politica sull'essere “leader”). Il secondo punto è che Giuseppe Conte sembra godere di un consenso più elevato delle attuali percentuali attribuite al Movimento; ciò significa, nel caso di un governo che funzionasse un pò, che Conte lo scalzerebbe definitivamente dal suo ruolo di capo politico (tra l'altro col timore che i Cinquestelle diventino “altra cosa”, più partito istituzionalizzato che movimentista, con maggiore autonomia di scelta rispetto alla dipendenza dalla “rete”). Ma c'è un altro punto, finora poco sottolineato, per cui Di Maio rimane radicalmente contrario ad un governo col Pd e che si lega al ruolo di Mattarella: qualora, come compensazione per la mancata nomina a vice-premier (se Conte accetterà la proposta al riguardo dei democratici) ottenesse comunque un “portafoglio” importante (Difesa, Esteri...), il Presidente della Repubblica, che per Costituzione può ratificare o meno i ministri, potrebbe non riconoscergli le qualità richieste per tali ministeri. Sarebbe forse lo smacco definitivo per Giggino che in cuor suo sà di correre questo rischio. In sostanza questo governo “forse nascente” non rappresenta per il Nostro la cosa più gradita; anche quell'aver ribadito, nelle dichiarazioni dopo i colloqui con Mattarella, di aver rinunciato per la seconda volta al ruolo di premier, offertogli ora a differenza di un anno fa da Salvini, tradisce quel sordo rancore che lo anima: lui da quando è entrato in Parlamento, ricoprendo la carica di Presidente della Camera, pensava già alla presidenza del Consiglio (per sua esplicita affermazione). Sarebbe la fine di tutto per lui; perciò sta giocando una partita solo personale. Non accetterà mai di ridimensionarsi! Del resto, se ci pensiamo, quale considerazione avrebbe un Ministro degli Esteri, se tale dovesse essere il suo ruolo, in Europa e non solo, dopo aver flirtato fino alle elezioni di maggio coi Gilet Gialli, dopo aver cercato di costruire alleanze con gruppi minoritari in Europa, tutti fortemente populisti ed anti-europeisti, dopo aver avuto feroci polemiche con Macron (ricordiamo tutti la “marchetta alla Francia”, indicando il palazzo di Strasburgo insieme al suo amico Di Battista), “costringendo” poi Mattarella a riallacciare le relazioni con la Francia...Forse ha ragione il sociologo De Masi (ed è tutto dire) consigliando Di Maio a laurearsi, ad andare all'estero, imparare l'inglese e poi a 37-38 anni tornare in Italia...Ma Giggino lo farà? Alcune considerazioni sul Pd. Zingaretti si è mosso con prudenza, ma direi con avvedutezza; ha doverosamente posto la questione di una svolta per cui non si poteva accettare Conte premier e Di Maio vice quali espressioni del precedente governo; poi però le pressioni di tanta parte del mondo politico vicino alla sinistra, della cultura ed anche della Santa Sede, tutti timorosi di regalare l'Italia a Salvini, lo hanno indotto a riconoscere il ruolo di premier a Conte (ma non certo di Di Maio). Su tutto però peserà l'incognita di Renzi, il quale nel timore di veder ridotto il suo peso specifico nel partito ha sponsorizzato la nascita di un governo, un anno fa nettamente respinto. Se l'obiettivo di Renzi è quello di riprendere la leadership del Pd non lascerà scappare la minima occasione per aprire una crisi, specie se questo eventuale governo dovesse dar l'idea di durare e di fare cose buone. Per questo Zingaretti dà a volte l'idea di muoversi cautamente, perchè il timore di una scissione, negata ma possibilissima, lo costringe a non forzare le situazioni. Purtroppo il Pd è al momento così, ma la presente crisi potrebbe anche al nostro interno aprire scenari diversi. Gianni Amendola

venerdì 30 agosto 2019

OSSERVATORIO AGOSTO 2019

L'OSSERVATORIO Mentre scrivo queste considerazioni mancano poche ore alle consultazioni del presidente Mattarella, per cui è assai probabile che alcune riflessioni saranno poi superate dagli eventi; d'altra parte in questo susseguirsi di fatti nuovi e spesso contrastanti i diversi elementi in campo non possono che modificarsi rapidamente. Dunque la crisi. Salvini che ha sempre avuto il timer dell'alleanza giallo-verde ha sbagliato i tempi, sottovalutando la vitale necessità dei grillini di rimanere comunque in un governo (dopo l'esito delle Europee), pena il loro ulteriore ridimensionamento e una conseguente insignificanza politica, al punto da ricercare una “assurda” alleanza con i “pidioti” (come li chiamava sprezzatamente Grillo). E questo anche al di là dell'attivismo di Renzi, il quale, abituato com'è a sentirsi al centro della scena, ha smesso di mangiare i pop corn per proporre analoga alleanza, ben consapevole della reciproca utilità a non andare alle urne: i Pentastellati per non morire politicamente, i renziani per non essere esclusi o comunque ridimensionati nelle liste elettorali. E' vero che “buoni” motivi per non arrivare al voto ci sono (la crisi economica, il possibile rincaro dell'IVA, la necessità di una manovra finanziaria pesante...), ma è altrettanto vero che non tutti i Governi possibili sul piano numerico sono poi “politicamente” solidi ed incisivi; il rischio in altri termini è iniziare a “dare il sangue” per una coalizione sulla carta improponibile e poi prendere atto della sua intrinseca inaffidabilità, con tutte le intuibili conseguenze elettorali. Se la mossa di Salvini ha ridato fiato al Movimento non si capisce il perchè il Pd dovrebbe contribuire a dar ad esso un'ulteriore centralità, come se l'esperienza del governo Conte non si sia consumata per l'incapacità e la distorsione delle loro idee, quanto invece per la “cattiveria” solitaria del leader leghista. I grillini sono invece parimenti responsabili dello sfascio che ha portato alla crisi di governo, nè più nè meno di Salvini; ne hanno appoggiato tutte le iniziative (come i leghisti con i Cinquestelle del resto), lo hanno coperto nel caso della Diciotti, non lo hanno costretto a dire la verità sulle tangenti russe. Ma non han fatto questo perchè il Governo sarebbe caduto e loro avrebbero dovuto rinunciare alle poltrone (checchè ne dicano!). Alla luce di ciò come pensare ad un'alleanza durevole ed efficace, peraltro con Conte ancora Primo Ministro come proposto dall'ineffabile Di Maio, unica condizione anche a suo dire per tenere unito il Movimento e poter stare ancora al Governo? La condizione posta da Zingaretti di una totale discontinuità in termini di persone e contenuti non potrà mai essere accettata dai Pentastellati, intanto perchè al momento in Parlamento sono ancora maggioranza relativa, quindi in grado di dettare condizioni, poi perchè cambiare persone e contenuti (questi soprattutto) significherebbe terremotarli ulteriormente, stravolgendo il Movimento nella sua natura. Io credo allora che le urne siano volente o nolente la “soluzione” migliore, se non altro perchè il Pd potrebbe (e dovrebbe) diventare il riferimento di tutti coloro che vogliono opporsi allo spostamento a destra desiderato da Salvini, dalla Meloni e da Toti...Ciò contribuirebbe a restituire chiarezza al quadro politico, oltre ad una maggiore visibilità e credibilità all'opposizione (del centro-sinistra, dando per scontato che Salvini vincerà le elezioni, magari non arrivando al 40%...). E si potrà di conseguenza impostare una campagna elettorale senza ambiguità, senza risparmiare i Cinquestelle, che ora si atteggiano a vittime della sfrontatezza del leader della Lega, ma, come detto, hanno avallato sempre ogni sua posizione e che ora stan dando prova di un attaccamento a quelle poltrone che pure dicono di tagliare. La considerazione della politica del Movimento rimane sostanzialmente “anti-istituzionale”, e se la Lega ha ancora nel proprio statuto il riferimento alla secessione Casaleggio (chi se no?) ha l'obiettivo di superare il Parlamento, per sostituirlo coi click dei nostri computer domestici. A tal riguardo dunque la proposta di Prodi (fatta propria da Zingaretti) per un governo di legislatura Pd-Cinquestelle è irrealizzabile, non perchè non abbia spessore politico, quanto invece per l'impossibilità dei grillini a concepirsi “diversamente”. Come pensare infatti che possano decidere e preparare un congresso per stabilire la linea politica quando la loro organizzazione è quella di una setta, con un capo che nei momenti topici trasmette sul suo blog i suoi pensieri, con una “casta” interna che si incontra “clandestinamente” nella sua villa al mare di Bibbona per poi indire una scontata consultazione on line per gli “ok” degli iscritti alla piattaforma? Finchè ci saranno Grillo e Casaleggio a dettare la linea il Movimento non cambierà mai! Poi certo, anche il Pd ha i suoi non pochi problemi; il rischio di una scissione resta dietro l'angolo nonostante i sondaggi sembrino non dare responsi lusinghieri a tale ipotesi. Rimane ovvio che qualsiasi sia lo sbocco della crisi l'unità del partito sia condizione irrinunciabile; giocare alla crisi per obiettivi interni (tipo “far cadere Zingaretti”) sarebbe suicida, oltre ad essere la fine del Pd. Ognuno tiri le conclusioni che vuole. Gianni Amendola

martedì 16 luglio 2019

ASSEMBLEA PROVINCIALE PD

Paolo Furia: "Ieri sera, con Monica Canalis, presenti all'assemblea provinciale di Asti per accompagnare il nostro partito locale verso il rilancio. Anche qui coi nostri Avengers: il sindaco di Dusino San Michele Walter Luigi Malino e Barbara Baino, sindaco di Mongardino, sindaci al terzo mandato, veri argini all'onda giallo-verde! Un grazie anche al grande Porcellana, presidente del partito provinciale, per il suo instancabile lavoro di mediazione e di presidio."

OSSERVATORIO LUGLIO 2019

L'OSSERVATORIO. Nel numero precedente conclusi il mio scritto con il riferimento alla “guerra” mediatica, da parte di certa stampa di espressione sovranista, nei confronti di papa Bergoglio; consentitemi di aprire questo nuovo Osservatorio, ripartendo da questo tema, affrontato recentemente con notevole risalto da parte del quotidiano “La Repubblica”, vale a dire la scelta per i cattolici tra “Salvini e il Papa”, alla luce dei crescenti consensi, anche fra molti credenti, che il “Capitano” (come amano chiamarlo i suoi) sta ottenendo per la sua linea dura, sfrontata e direi anche crudele sulla (non) accoglienza dei migranti. Non è una questione di poco conto, ma di estrema importanza e gravità. Perchè il valore del messaggio che la Chiesa, istituzione comunque voluta da Cristo, deve diffondere non può che costituire “nella sua essenza” un contraltare alla narrazione salviniana, la quale invece vuole vedere nel cristianesimo la vernice e l'amalgama di un'identità da contrapporre al nemico di turno, oltre che la difesa sacra dei confini della Patria, minacciati da un'invasione incontrollata. Intendiamoci subito: è un discorso che investe principalmente la “qualità” della fede dei cattolici e le loro coscienze, visto che il Vangelo (che non è un libro politico) orienta verso scelte radicalmente opposte, ma è chiaro, come già dissi, che l' ”incarnazione” (cioè l'attuazione, la messa in pratica) del valore dell'accoglienza ha immediate ricadute pratiche in ambito sociale e culturale (quindi politico). Non voglio addentrarmi sulle “varie tipologie” dei cattolici, perchè è discorso troppo ampio e complesso, ma una cosa è certa, e credo sia una delle preoccupazioni dei Vescovi: sulla questione dei migranti si gioca oggi una partita decisiva per la Chiesa, in quanto investe la capacità personale di ognuno di aderire al messaggio di Cristo (la fede). Se per tanti credenti il voto a Salvini non costituisce motivo di “scandalo”, se in altri termini il sostegno a politiche che escludono e non includono non viene percepito nel “profondo del cuore” di ognuno come alternativo al messaggio di Cristo, vorrà dire che ci sarà non poco da fare a livello ecclesiale per un lavoro di ri-evangelizzazione e di ri-formazione delle coscienze, a partire dalle comunità, dalle Parrocchie, dal rapporto con le famiglie...La sondaggista Alessandra Ghisleri, dopo uno studio specifico sul voto dei cattolici, è arrivata alla conclusione che la narrazione sovranista, con la sua pervasiva insistenza, è riuscita a “convincere” tanti di loro circa il pericolo che il Paese correrebbe di fronte ad un'immigrazione incontrollata, che dunque imporrebbe una decisa difesa dei confini, ritenuta quindi “sacra”, e che i toni e gli atteggiamenti spavaldi del Capitano sono in realtà provocati dai “nemici” dell'Italia, vale a dire le Ong (definite criminali senza però che vi sia una sentenza che le qualifichi come tali!), l'Europa in mano ai tedeschi ed ai francesi, che costringerebbero” Salvini a fare la voce grossa per non far soccombere il Paese. In altri termini, non è lui il “cattivo”, sono gli altri che lo costringono ad esserlo! Ma purtroppo come detto il “verbo” salviniano è parte di un disegno che mira a “staccare” parte del mondo cattolico dalla figura dell'attuale Papa, davvero indigesto per il mondo dei Trump, del suo ex-vice Bannon, degli Orban, appunto dei Salvini..Mai come in questi tempi la figura del Vicario di Cristo è sotto attacco, insultato persino sui social; la posta in gioco è il “controllo” della fede (nella sua “incarnazione” concreta) per evitare che in nome del Vangelo si consolidi nella coscienza di tanti un contrappeso decisivo rispetto ad una certa visione del mondo, quello sovranista delle frontiere chiuse, della superiorità razziale, di fatto il contrario della fratellanza universale proclamata da Cristo. Come sta il Pd? In una recente intervista Romano Prodi aveva invitato Nicola Zingaretti a non cedere alla tentazione della prudenza, distinguendo una prudenza “padana” da una “centro-meridionale”. Prodi è troppo intelligente per potergli attribuire pregiudizi razzisti nei confronti di chi vive da Roma in giù; ha usato simpaticamente quell'immagine per spronare il segretario del pd a dare ulteriore impulso alla sua azione riformatrice, ben sapendo peraltro che la grande maggioranza degli attuali parlamentari non ha votato per lui e che il rischio di una scissione, per quanto non dichiarata, rimane un “convitato di pietra”, soprattutto se si arrivasse ad elezioni anticipate che Zingaretti, di fronte al caos del Governo, pare auspicare (sarà stavolta in caso la sua Segreteria a decidere le candidature). Da qui, ma non solo, vien su questo fiorire di correnti, ultima quella di Lotti e Guerini (Base riformista), e l'iniziativa di Renzi dei Comitati di azione civica (nome che evoca i “comitati civici” del dc Gedda per le elezioni del 1948), nella quale la “necessità di una proposta politica forte perchè si torni a vincere” non chiarisce se rivolta a tutto il Pd o solo a “parte di esso”...Intanto l'Assemblea Nazionale di sabato 13 luglio sembra dare nuovo e deciso impulso al partito, una risposta così alla provocazione di Prodi, col richiamo del Segretario a superare il correntismo eccessivo e spesso autoreferenziale, una sorta di cappio al collo del Pd, poi col ribadire l'apertura alla società civile ed anche direi con l'annuncio della “costituente delle idee” che si svolgerà a Bologna a novembre. La proposta di revisione dello Statuto circa l'identificazione tra Segretario e candidato premier sta già scatenando polemiche tra l'attuale maggioranza e la minoranza, come se di ciò non si potesse discuterne serenamente e non come appunto una contrapposizione di correnti. Il partito ha necessità di un vero rilancio; dallo scandalo della sanità in Umbria, che ha portato alle dimissioni della Marini a quello delle intercettazioni sulle nomine dei magistrati, che vede coinvolti Lotti e Ferri, per non dire della recente lettera che numerosi iscritti in Basilicata, anche con ruoli pubblici, han scritto a Zingaretti lamentando lo stato del partito dominato dalle congreghe, stanno emergendo finora situazioni che richiedono scelte che inevitabilmente andranno a toccare persone ed equilibri consolidati (con tutto quello che potrà significare). Le elezioni regionali in Emilia Romagna nel prossimo autunno, sulle quali la Lega punta in modo particolare, saranno probabilmente la “cartina al tornasole” delle prospettive politiche del partito, dando probabilmente persa l'Umbria (ahimè) e quasi certamente la Calabria. Forse la richiesta di autonomia regionale chiesta da Bonaccini, diversa da quella di Fontana e Zaia e che andrebbe promossa come modello, potrebbe costituire quel “di più” in grado di ri-orientare il voto verso l'attuale maggioranza di centro-sinistra. Piuttosto, poiché l'incertezza politica potrebbe sfociare anche in elezioni anticipate, bisogna farsi trovare pronti, con un programma condiviso ed incisivo (possibilmente senza polemici distinguo), coinvolgendo seriamente la base (i circoli, i non iscritti, i simpatizzanti...). Lo stato del M5S. La data del 20 luglio è segnata in rosso per Giggino Di Maio perchè si chiuderà la “finestra” temporale per andare alla crisi di Governo e quindi al voto anticipato (Mattarella permettendo). Con lo scandalo dei soldi russi in corso Salvini probabilmente ha molto meno intenzione di andare alle urne perchè sarebbe rischioso, pur se i sondaggi sembrano ancora premiarlo per le sue posizioni sull'immigrazione. Ma quanto durerà questa luna di miele con l'elettorato se dovessero uscire nuove ulteriori notizie sui rapporti tra la Lega e Putin? Gli stessi sondaggi sembrano invece confermare la caduta libera il Movimento, che tra l'altro continua a perdere parlamentari, stanchi non solo di essere la stampella della Lega, ma anche del rapporto, assolutamente vitale invece per il Movimento senza il quale non esisterebbe, con la piattaforma Rousseau, pagata mensilmente con quota fissa dai loro stipendi (quindi con denaro pubblico), di cui lamentano l'impenetrabilità e la gestione piuttosto misteriosa..Ai grillini non rimane ormai che giocare la carta della riduzione dei parlamentari e quindi del risparmio per lo Stato, puntando su un “election day” nella prossima primavera, mettendo insieme le Politiche, che evidentemente anch'essi ritengono inevitabili, ed il referendum popolare (trattandosi di un tema attinente alla Costituzione) che dovrà sancire o meno la riforma suddetta, puntando sulla “sensibilità” dell'elettorato ad un tema del genere. A quel punto, come molti danno già per scontato, ci sarà la rimozione di Di Maio da capo politico a favore o di Di Battista o di Fico. Riguardo poi il taglio dei parlamentari, il cui numero non è frutto di “ingordigia politica”, come Giggino ha detto recentemente nei tg quanto di una scelta dei Padri Costituenti, si deve sottolineare che se al contempo non si rivedono i collegi elettorali, ampliandoli, potranno esserci distorsioni nell'assegnazione dei seggi. Per quanto Berlusconi non abbia alcune attendibilità nel parlare di leggi elettorali, avendo preteso di modificare nel 2005 in corso d'opera e col solo appoggio della sua maggioranza l'allora vigente Mattarellum per il più “conveniente” Porcellum (al fine di non perdere quelle elezioni che poi videro per un soffio la vittoria di Prodi), non si deve sottovalutare la sua considerazione sul fatto che il taglio dei parlamentari a collegi immodificati tornerebbe in molti casi a solo vantaggio dei candidati della maggioranza di governo (per la conquista dei seggi). Su questo tema anche il pd deve e dovrà dare battaglia, magari proponendo un ritorno definitivo al Mattarellum, inviso ai Pentastellati, che non si alleano con nessuno, ma stavolta forse più gradito al centrodestra (Salvini compreso); certo che l'attuale sistema proporzionale ha prodotto il governo in carica: può bastare questo per superarlo definitivamente! Gianni Amendola

mercoledì 10 luglio 2019

Partecipa al sondaggio : "La questione ambientale ad Asti"

Grazie all’attività di tanti giovani, finalmente la questione ambientale sta ritornando di grande attualità tra la gente. La politica, invece, sembra non aver ancora ben compreso che , avanti di questo passo lasceremo alle prossime generazioni un pianeta invivibile. Nelle Agende delle amministrazioni locali, salvo rare eccezioni, la questione ambientale è relegata agli ultimi posti, nonostante le rilevazioni della qualità di aria, acqua ecc. rimandino dati preoccupanti. Nella nostra città il problema più urgente è indubbiamente quello legato alla qualità dell’aria; traffico, smog da riscaldamento, conformazione geografica relegano Asti costantemente ai primi posti in Piemonte per superamento dei limiti di ozono e PM10. Come Partito Democratico Astigiano sentiamo il dovere di dare il nostro contributo per invertire la situazione; non si può restare inermi di fronte ad una tale situazione che non potrà non avere ripercussioni sulla salute della gente. Per questo abbiamo deciso di partire con un grande sondaggio che ci aiuterà a capire la reale percezione degli astigiani sulla questione ambientale. Per partecipare è sufficiente cliccare su link seguente indagine sull'ambiente , oppure recarsi alla sede di C.so Casale, nei giorni di apertura, inoltre sabato 20 luglio dalle h 10,30 alle h 12,30 sarà allestito un banchetto in zona Portici Anfossi dove sarà possibile compilare il questionario. La consultazione avrà termine il 30 di settembre. I risultato del sondaggio verranno messi a disposizione della collettività, e utilizzati come base per una conferenza sull’Ambiente che speriamo di poter organizzare entro fine 2019, con tutte le associazioni che si occupano a vario titolo di ambiente per elaborare insieme una serie di proposte concrete.
Il Segretario cittadino PD di Asti,
Mario Mortara.

giovedì 6 giugno 2019

A DIFESA DEI PIU' DEBOLI

OSSERVATORIO GIUGNO 2019

L'OSSERVATORIO “Chi troppo in alto sal cade sovente precipitevolissimevolmente”; questo famoso detto, preso da una commedia in versi del '600, credo si attanagli alla perfezione al momento drammatico che stan vivendo i Cinquestelle e Giggino Di Maio, appena “salvato” dal voto sulla piattaforma Rousseau, utilizzata da “ben” 56.000 persone (un record mondiale dicono!). Questa ennesima farsa on line (come definirla diversamente dopo che Grillo e Casaleggio hanno sapientemente indirizzato il voto con i loro “endorsement”, su una piattaforma peraltro piena di “buchi”, dove è possibile risalire a “chi ha votato che cosa”, come hanno raccontato alcune inchieste giornalistiche?) non cancella minimamente lo sconquasso elettorale dei grillini che nasce dalle loro infinite contraddizioni, dalla loro inadeguatezza, dall'aver condiviso, solo in nome del potere, la “visione salviniana” della politica e della società. Sorprende poi la totale assenza di analisi della sconfitta, come si fosse trattato di un inciampo temporaneo, dovuto da un lato dall'astensionismo nel Meridione, dall'altro ad una comprensibile delusione per non aver ancora mantenuto tutte le promesse fatte in campagna elettorale. E ciò lascia ulteriormente interdetti per aver i Cinquestelle da sempre caldeggiato la trasparenza, il non attaccamento alla poltrona e rimarcato la loro “diversità” delle loro prassi interne rispetto a quella dei partiti tradizionali; in qualsiasi democrazia ed in qualsiasi partito “serio” però un leader, tra l'altro vice-presidente del Consiglio e ministro, che in 10 mesi dilapida un consenso di oltre il 32% dimezzandolo drammaticamente, dovrebbe “spontaneamente” dimettersi prima di ogni altro invito a restare. Ma chiedere questo a Di Maio non è possibile: lui esiste “solo” per essere capo e la prospettiva di non dover superare il doppio mandato, come vogliono le regole del Movimento, lo sconvolge, in quanto un conto è arrivare alla scadenza da “premier”, o comunque da capo politico e da ministro (è ovvio che in un caso del genere quella regola potrebbe non valere), un altro lo è da dimissionario! “Sono 5 anni che aspetto questo momento” disse più o meno così lo scorso anno durante i colloqui per la formazione del Governo, dopo il diniego di Salvini ad accettarne la leadership; è evidente chi si esprime in tal modo configuri per sé un ruolo sempre di primo piano...Il “no” di Casaleggio a rivedere questa regola, per evitare il rischio di diventare professionisti della politica, è ancor oggi molto fermo! Cosa farebbe Di Maio (e non solo lui) se uscisse per sempre dall'agone politico dopo aver esaurito i 2 mandati? Questa domanda è cruciale per comprendere il suo...travaglio (ogni riferimento è puramente casuale...)! La sua “assoluzione” on line vuol dire ora che il governo andrà avanti, perchè i grillini non possono aprire una crisi che farebbe venir meno da un lato l'attuale maggioranza relativa in Parlamento, dall'altro li condannerebbe certamente ad un'opposizione solitaria, dato che non possono allearsi con nessuno, tantomeno col Pd, nel caso Salvini andasse col centrodestra. Solo il mantenimento del potere è la medicina, tutt'altro che amara evidentemente, per prevenire il rischio di una progressiva insignificanza politica, possibile anticipo di una loro definitiva implosione! Ma stare al governo per fare che? Ora più che mai la Lega detterà l'agenda e su determinati punti lo scontro tra le 2 forze non potrà che essere durissimo, poiché i Cinquestelle, per arginare il loro repentino declino, vorranno tornare ad essere duri e puri; non solo, c'è il problema Corte dei Conti che ha bocciato sia “la quota 100” sia il reddito di cittadinanza ed un governo “serio” non può non prenderne atto. Ma mentre Salvini può avere ancora come obiettivi le grandi opere e i decreti “sicurezza”, i porti chiusi ai migranti (che chiusi non sono!) per mantenere il consenso, il Movimento cos'ha oltre il reddito? Potrebbero i grillini esibire solo lo Spazzacorrotti, ma come già abbiam detto hanno nel contempo approvato sia i condoni edilizi (ad iniziare da Ischia e Sicilia) sia le norme sugli appalti che presentano aspetti poco “chiari”, come ha confermato anche l'Anac di Cantone (a conferma di una doppiezza, quantomeno l'evidenza di un pendolare continuo, a seconda di dove si possono raccattare voti). Al momento dunque lo sbocco verso le elezioni anticipate rimane un'ipotesi assai fondata, anche se sia Salvini sia Di Maio faranno di tutto per lasciare il cerino all'altro prima di andare al “redde rationem” definitivo. Nel frattempo che ne sarà del Paese? Quale manovra finanziaria si avrà? Il ruolo del Pd. L'esito delle Europee ha dato una salutare boccata d'ossigeno al partito e trovo francamente sterile e stucchevole la notazione che i voti in termini assoluti siano stati inferiori rispetto alle Politiche; un incremento del 4% và preso “bene”, confermando pur nel piccolo che il Pd è vivo e deve essere sempre più inclusivo. Piuttosto sarebbe opportuno che le formazioni minori nell'ambito della sinistra riflettano sull'utilità di una presenza elettorale di sola testimonianza; Fratoianni si è dimesso, ma chi gli subentrerà cosa farà? Zingaretti mi pare abbia chiaro tutto ciò e se sembra muoversi cautamente è perchè vuole portare tutto il partito su una una prospettiva più ampia, consapevole com'è che le precedenti pesanti sconfitte sono nate in gran parte da un'ostentata autosufficienza e da una chiusura al confronto con realtà che da sempre hanno guardato a sinistra (periferie, mondo della scuola, della sanità, della cultura). Piuttosto bisogna evitare certe figuracce come quelle alla Camera, quando l'altro giorno è passato all'unanimità l'emendamento che autorizzava il pagamento dei debiti e dei crediti alla PA tramite minibot (una sorta di “cavallo di Troia” verso ulteriore deficit), scatenando l'ironia del leghista Borghi verso il nostro partito che ha votato a favore. L'aver fatto poi rapidamente marcia indietro non cancella il senso di sorpresa e se vogliamo di superficialità che questo inconveniente ha provocato; probabilmente è stato cambiato in corsa l'emendamento e tutti son caduti nella trappola. La difesa dell'Euro e dell'Europa per il pd non deve essere “d'ufficio”, quanto invece per una forte motivazione (da saper comunicare) nel perseguire una strada senza la quale la nostra economia non potrà mai rilanciarsi, collegando in questa narrazione la difesa della moneta a prospettive di lavoro e a solide politiche ambientali (in nome di Greta), in quanto gli Stati con economie stabili, grazie all'Euro, saranno in grado di poter investire nelle energie alternative e nella tutela dei territori (il che comporta tra l'altro incremento dei posti di lavoro). Io non so se si andrà a votare a settembre; è chiaro che se sì rivincerà Salvini alla grande (ormai tanti Italiani, da Berlusconi in poi, votano una “faccia” piuttosto che una proposta politica); se anche il Pd crescesse ancora, raccogliendo in parte voti dall'astensionismo, in parte da quella “sinistra-sinistra” finalmente consapevole che con il 2-3% non si và da nessuna parte, ed arrivasse ad un 27-28% che farà? E' probabile però che la inevitabile saldatura, una volta rotto il Governo, tra la Lega ed il resto del centrodestra ricrei quel dualismo “destra-sinistra” di cui il Pd potrà giovarsi, ma c'è pur sempre in gioco il Movimento ed il suo destino. Personalmente non credo vi siano concrete possibilità per un'alleanza con i grillini: troppe le distanze rancorose, troppe le differenze sulla concezione della democrazia e sulla rappresentanza e sulla stessa visione dell'Economia...I “dem”dovrebbero marcare stretto i “5 Stelle” per metterne a nudo i limiti, le contraddizioni, per affondare tra le loro possibili divisioni che qualcuno già prevede (si parla di Fico alleato di De Magistriis per una nuova lista alle Politiche), al fine di recuperare parte di quel voto ivi confluito...C'è un altro aspetto però, più confacente alle dinamiche interne del nostro partito, circa il ritorno alle urne, l'idea cioè che un voto anticipato bloccherebbe ora sul nascere l'ipotesi ancora in embrione di una “gamba lib-dem”, di cui Calenda e altri vorrebbero farsi promotori..Staremo a vedere...Piuttosto, voto o non voto, si deve ri-porre al centro, oltre ai temi del lavoro, dell'ambiente e dell'equità fiscale, una questione cruciale che sembra ormai codificata, ma che va' radicalmente cambiata, vale a dire l'aziendalizzazione di servizi fondamentali dello Stato: Scuola e Sanità. Mettere coraggiosamente in campo proposte per un vero superamento di tali assetti organizzativi che non solo non han migliorato la qualità dei servizi in questione (che se sono alti lo devono alla professionalità di chi vi opera), ma ha creato, negli specifici ambiti di lavoro, situazioni di nepotismi, di favoritismi, di richiami “strumentali” al merito, molto spesso legati al grado “di vicinanza” alle figure apicali da parte dei singoli operatori. La sinistra è per il solidarismo, che non vuol dire appiattimento e non prescinde dal merito (che richiede però parametri stabiliti e condivisi); purtroppo, come ora quasi ovunque, tante valutazioni professionali, nelle scuole come negli ospedali, si basano sulla personale discrezionalità dei Dirigenti! Si può verificare quanti voti ha perso il Pd su questi temi? Gli strumenti per fare una ricerca al riguardo immagino ci siano: si faccia e ci si renderà conto pienamente! Non dovremmo poi più lamentarci per quanto accaduto in Umbria circa le nomine in Sanità: se il sistema non cambia queste storie si riverificheranno ancora, altrove e con altre maggioranze, perchè i Direttori Generali sono di nomina politica (anche se ad indicarli fosse il Ministero come vogliono i Cinquestelle per la crisi della sanità in Calabria) e devono rispondere agli Assessori ed ai Presidenti di Regione, per cui chi riveste tali ruoli non potrà non avere certe referenze! Dal loro canto anche i Dirigenti Scolastici, pur se non nominati, “si relazionano” con la politica locale per ottenere finanziamenti per le scuole e/o per progetti didattici o iniziative; in questo non ci sarebbe nulla di male, se non per il fatto che potrebbero esporsi a pressioni per “valorizzare” questo o quel docente o quel determinato percorso formativo. Dovremmo invece dire grazie (è proprio il caso!) al Governo in carica per aver eliminato la facoltà dei Dirigenti Scolastici di nominare, direttamente su chiamata, i docenti nonostante il Corpo Insegnante si fosse espresso nettamente contro tale ipotesi, prevista dalla legge 107. Ma il potere pressocchè totale dei Dirigenti che comunque rimane porta inevitabilmente al crearsi di quelle congreghe interne ad ogni istituto, ruotanti sempre attorno alle Presidenze, per loro natura escludenti nei confronti di coloro che “non rientrano” in determinate grazie. Proprio quindi all'opposto del solidarismo, a quel senso cioè di forte condivisione di un progetto comune all'interno di un grande obiettivo che dovrebbe caratterizzare gli Insegnanti, molti Docenti cercano invece, “lisciando” il pelo al Preside di turno, a sua volta erogatore di benefici e di incentivi, il proprio personale tornaconto. Chi può modificare alla radice una tale situazione se non un partito “di sinistra”? Si faccia dunque il Pd promotore di un percorso nuovo per la Scuola, indicata tra le priorità del partito, si promuovano gli Stati Generali dell'Istruzione, si ascoltino gli insegnanti, gli studenti, gli stessi Dirigenti per ridefinire una nuova organizzazione scolastica ed anche per rivedere i programmi (che in anni precedenti, specie con ministri quali la Moratti e la Gelmini hanno subito tagli inspiegabili, si pensi alla Storia dell'Arte, al Diritto, alla Geografia ed ora la Storia); ma altrettanto deve farsi per la Sanità, attraverso un confronto serio e puntuale con gli operatori sul campo (Medici, Infermieri), col mondo della Ricerca e dell'Università, con le organizzazioni dei Malati. Pur nella diversità degli ambiti la filosofia “aziendale” rimane identica tra Scuola e Sanità: a guidare le strutture a livello locale (istituti scolastici ed ospedali) rimangono, nel pieno di poteri quasi totalizzanti, “uomini (o donne) sempre più soli al comando”! E' tempo di uscirne! Sul tema delle periferie: và bene riaprire la sede del Pd a Casalbruciato, recentemente agli “onori” delle cronaca, ma serve in questi enormi quartieri mettersi in immediata sintonia con quel mondo del volontariato, dell'associazionismo, cattolico e non, e delle iniziative culturali al fine di ricreare, tra e per la gente che ci vive, momenti non occasionali di animazione e di solidarietà sociale; magari (perchè no?) aprire in queste “marginalità cittadine” succursali di quella scuola politica di cui Enrico Letta sta facendosi promotore per la formazione di una nuova classe dirigente, con l'obiettivo di vincere “l'orgoglio dell'ignoranza” (per usare una sua espressione), che sta diventando tristemente un segno dei nostri tempi. La lotta a papa Francesco. Consentitemi di chiudere queste note con qualche considerazione circa l'aperta guerra che l'internazionale sovranista (che trova echi solidali in parte delle stampa italiana: il Giornale, Libero, la Verità..) sta conducendo nei confronti di papa Francesco. Non piace a costoro la sua predicazione, il suo richiamare all'accoglienza dei migranti, chiamando la Politica alla propria responsabilità di “gestire” tale fenomeno epocale. Ogni suo intervento viene visto come un'interferenza nel dibattito politico, non piace l'atteggiamento di dialogo costante con le altre Religioni, specie con l'Islam, non è gradito il suo forte richiamo alla tutela del Creato, oggetto della sua prima enciclica che provocò reazioni risentite della destra americana, sensibile agli interessi dei petrolieri...Come se non venisse da sé che di fronte a problemi così drammatici, in grado di trasformare profondamente il nostro vivere tra i popoli e sulla nostra Terra, la predicazione di un Vangelo incarnato non comporti necessariamente una ricaduta “politica”, intesa nel suo significato più ampio possibile. Un gioiello medievale, la Certosa di Trisulti nel Lazio in provincia di Frosinone, rimasta pressocchè senza frati ormai anziani, è stata fatta oggetto di acquisto da parte di un amico di Bannon, ex vice di Trump, amico di Salvini, di Orban, stabilmente in Italia, per farne il riferimento europeo, e quindi mondiale, di una “nuova cristianità” sovranista che vuole una fede come amalgama protettivo ed identitario (le nostre belle tradizioni!::) in una contrapposizione al “diverso”, sia esso migrante, sia esso di un'altro credo. Questo acquisto pare sia stato bloccato, grazie anche alla mobilitazione di tanti a livello politico e culturale. Ma il segno è preoccupante e la guardia deve restare alta, perchè non è cosa da poco, ma molto molto seria; potrebbe preludere, sicuramente nelle intenzioni dei fautori di questa “nuova cristianità”, ad un controllo indiretto sul papato, condizionandone in futuro le scelte e la predicazione, contando anche su alti prelati all'interno del Vaticano, cui evidentemente non dispiace questa nuova versione della fede. C'è anche questo di che preoccuparsi. Gianni Amendola

domenica 5 maggio 2019

OSSERVATORIO MAGGIO 2019

L'OSSERVATORIO L'Istat ha appena mostrato i dati economici del primo trimestre del 2019 (aumento del Pil di 0.2% e calo della disoccupazione, dopo le ultime due valutazioni del 2018, tutte con segno “meno”, indicatori di “recessione tecnica”); inutile dire come si sia scatenata la grancassa, dei grillini soprattutto, circa la bontà delle scelte dell'Esecutivo, senza spiegare ovviamente, ai “beoni” della rete, come ciò sia stato reso possibile in quanto le misure bandiera e gli atti di questo governo (reddito di cittadinanza, “quota 100” e flat tax, Decreto Crescita..) sono tutt'al più appena avviati. Trattasi verosimilmente di un fatto congiunturale dovuto, secondo quanto dicono gli analisti, alla domanda estera che ha consentito un aumento delle esportazioni. Intendiamoci: non è che i segni positivi nella nostra economia debbano dispiacerci, ma è l'interpretazione miracolistica che ne danno i partner del governo, bisognosi come sono di consenso, in un momento per loro, pur per diverse ragioni, in cui si trovano in difficoltà. La Lega non ha solo il caso Siri, ma anche una serie di problemi per sospette “relazioni proibite” con clan malavitosi (nel Lazio) a fini elettorali, oltre l'aperto sostegno (ricambiato) a Casa Pound; i Cinquestelle dal canto loro cercano di sfruttare questi “regali” per attaccare Salvini, sperando da un lato di recuperare parte di quel consenso perduto proprio per essersi appiattiti sulle politiche del Ministro dell'Interno, dall'altro di far dimenticare i grossi guai della giunta romana (con la Raggi inquisita e con alcuni suoi importanti collaboratori in carcere, alcuni dei quali a suo tempo definiti proprio da Di Maio “servitori dello Stato”), le mancate promesse fatte in campagna elettorale (a Taranto ormai il Movimento è visto come fumo negli occhi per l'Ilva) e non ultime le bugie, insieme ai leghisti, circa l'aumento dell'IVA, scritto nel Dpf, ma negato in tv e sui social, ovviamente in vista del voto europeo, senza dire però da dove e come verranno presi i soldi per evitarne l'incremento, il tutto sempre in nome della trasparenza (vero Di Maio?). Certo, tornando per un attimo ancora sui dati Istat, la cosa ha sorpreso un po' tutti; senza fare dietrologie e ritenendo doverosamente corretta l'analisi, c'è da notare come l'attuale presidente Gian Carlo Blangiardo, sponsorizzato dalla Lega, sia stato nominato a febbraio, dopo diversi mesi di stallo perchè i due vice-premier non riuscivano ad accordarsi, grazie ai voti di un parte di Forza Italia, proprio quel partito che ai tempi dei governi Berlusconi, di fronte ai dati spesso impietosi periodicamente forniti dall'Istituto di Statistica, cercava di delegittimarne il significato, mettendo in discussione il modo (a dire dell'ex ministro Tremonti) con cui venivano raccolti, attribuendo così allo stesso Istat un ruolo fondamentale nel consenso o meno nei confronti del governo in carica.....E sempre in tema di nomine “interessate” è di questi ultimissimi giorni quella di Luigi Falco, vicinissimo a Di Maio e suo ex-portavoce, ma a quanto pare senza esperienze nel campo del lavoro nonostante il curriculum lo richiedesse, a direttore generale dell' Anpal, l'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive e del Lavoro, che si occupa direttamente dei navigators e della seconda fase del reddito di cittadinanza. Dopo la nomina di Mimmo Parisi, dell'Università del Mississippi, in odore di conflitto di interessi, serviva un'altra figura del tutto allineata che non ponesse ostacolo alcuno soprattutto all'acquisto, senza bando di gara (!) e attraverso una società in house dell' Anpal stessa, del software di incrocio dei Big Data messo a punto da Parisi nell'Università americana. A quanto pare, nel ruolo di direttore generale era stato indicato in precedenza Gianni Bocchieri, direttore generale dell'assessorato all'Istruzione e alle formazione e lavoro della Regione Lombardia, su proposta della Lega (della serie: a te Parisi, a me Bocchieri), peraltro contattato a suo tempo dagli stessi Pentastellati in occasione delle Regionali siciliane ultime (lui ragusano d'origine), per la nomina ad assessore al Lavoro (in caso di vittoria del Movimento). Pare che Bocchieri abbia espresso pareri difformi da quelli di Parisi su alcune questioni (del resto fra “competenti” ci si confronta e si fà sintesi), ma ciò è sembrato a Giggino Di Maio intollerabile, abituato com'è all'idea madre del Movimento in cui “uno comanda” e gli altri si allineano, pena espulsione, soprattutto perchè rischiava di tardare, o quantomeno di adeguare l'erogazione del reddito a tempi meno frettolosi da quelli da lui voluti e imposti. Il 30 aprile il Ministro dello Sviluppo economico, ha proposto la nomina del suo fedele amico Falco, che non porrà più ovviamente ostacoli ad alcuno, facendo così saltare l'accordo precedente sul nome di Bocchieri. Che dirà la Lega? Ma come, non era proprio Di Maio, a proposito dell'ipotesi di ripristino delle Province caldeggiata da Salvini, colui che diceva di opporvisi per non volere poltronifici?..Ma se (con Salvini) ha occupato tutto l'occupabile, anche posti di figure di garanzia, come fà ora, a fini di consenso elettorale, a parlare di poltronifici? Ripeto quanto già altre volte detto, che cioè Di Maio sta giocando una partita soprattutto personale in chiave elettorale, perchè sà bene che una sconfitta pesante dei Cinquestelle gli costerebbe probabilmente il ruolo di capo politico; ora, è probabile che Casaleggio e Grillo si inventeranno un'altra modifica che porti al superamento della ineleggibilità dopo 2 legislature, in modo tale da farlo ritornare in Parlamento, ma è ovvio che un Movimento eventualmente all'opposizione costituirebbe comunque un arretramento notevole rispetto agli obiettivi di leadership governativa ai quali, sin dall'inizio, Giggino ambiva fortemente. E' evidente che agitare la questione morale, riesplosa col caso Siri, diventi ora argomento di campagna elettorale, per poter riaffermare la presunta diversità del Movimento rispetto agli altri partiti e sperare di risalire la china dei consensi, che i sondaggi (da prendere comunque tutti con le molle) impietosamente stanno mostrando sempre più ripida! La verità è che a Di Maio vanno ricordate non solo le numerose giravolte avute su temi cruciali (l'Europa e l'euro ad esempio) sin dalla campagna elettorale del 2018 e la politica estera incomprensibile, ambigua e raffazzonata indegna di un Paese come l'Italia, ma anche i conflitti d'interessi della Casaleggio Associati, finanziata in parte dal denaro pubblico, grazie ai 300 E che ogni parlamentare pentastellato “deve” versare ogni mese a favore della piattaforma Rosseau (è come se un dipendente pubblico si vedesse decurtare lo stipendio mensile di 300 E perchè destinati d'ufficio ad un'istituzione privata indicata dallo Stato!); e ancora: la denuncia a lui diretta, proprio di queste ore, da parte del Consiglio d'Europa, nella giornata mondiale della stampa, di “minare l'indipendenza dei media italiani attraverso una serie di manipolazioni indirette” (pressioni finanziarie, favoritismi...ma quale idea di democrazia Giggino?), per non dire nuovamente delle bugie circa i rialzi dell'IVA e la crescita economica del Paese, che lo stesso Dpf indica pressocchè “a zero”, il deficit pubblico ed il rapporto deficit/Pil che aumentano, lo spread sempre oltre i 250 punti base (all'epoca del governo Pd erano 130...ma non sono soldi che i cittadini italiani continuano a perdere on. Di Maio?), tutte realtà di cui non parla o che si ostina a negare, anzi dice pure “Avanti così”, dopo i dati Istat!! Tocca dunque al Pd infilarsi sapientemente in questi varchi lasciati aperti dalla politica del Governo e dal Movimento; ma occorre un partito coeso, una capacità di comunicazione e di “puntualità” nel sottolineare gli errori e le mancanze dei grillini e della Lega, utilizzando certamente i social, ma anche i talk show televisivi, le trasmissioni di approfondimento in cui dire le cose senza giri di parole; e poi ancora una “narrazione” nuova sull'Europa, incentrata sulla solidarietà, su politiche del lavoro che diano risposte a chi paga ancora la crisi del 2008 e sul concetto di “federalismo continentale”. Come dicevo, spazio ce n'è; speriamo “ci sia” la consapevolezza di ciò, in tutto il partito... Gianni Amendola

venerdì 19 aprile 2019

PRESENTAZIONE LISTA PD ELEZIONI EUROPEE

Mercoledì 24 aprile, alle 11,30 al caffè Pastis di Piazza Emanuele Filiberto a Torino, il Partito Democratico presenterà i candidati piemontesi alle Elezioni Europee, un appuntamento cui parteciperà anche il capolista della circoscrizione Nord-Ovest Giuliano Pisapia. Verranno discusse le proposte chiave del programma per una nuova Europa, verde, giusta e democratica. A rappresentare il Piemonte nelle liste del Partito Democratico sono Ivana Borsotto, cuneese ed esperta di cooperazione internazionale, Mercedes Bresso, economista e parlamentare europea uscente, Giuliano Faccani, neurochirurgo, primario del CTO di Torino, Anna Mastromarino, professore di diritto pubblico comparato dell'Università di Torino, Enrico Morando, alessandrino e già viceministro dell'Economia e Daniele Viotti, alessandrino, parlamentare europeo uscente. I sei candidati piemontesi, che rappresentano mondi e territori diversi, dialogheranno con l'ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, designato capolista. La conferenza stampa verrà presentata dal segretario del Pd Piemonte, Paolo Furia e da Michele Miravalle, responsabile Europa del Pd Piemonte. La giornata di Giuliano Pisapia proseguirà a Settimo Torinese con un incontro alle ore 15 a sostegno della candidata sindaca Elena Piastra.

OSSERVATORIO APRILE 2019

L'OSSERVATORIO. Salutiamo con piacere la definitiva completa assoluzione di Ignazio Marino, il “marziano” come lo chiamavano a Roma, quasi ad indicarne l'estraneità alle logiche dei poteri locali; credo che gli si debbano le scuse per come fu trattato allora dal partito, anche se le sue dimissioni, dovute a quelle in blocco dei suoi consiglieri e certificate da un notaio, furono attribuite ad una sua presunta “inadeguatezza”. Se è vero che non gli furono estranee alcune leggerezze (lo starsene spesso a New York ad incontrare Bill De Blasio, sindaco dem della Grande Mela, o il tirare stupidamente in ballo il papa, che poi lo smentì, per un invito al Forum mondiale delle famiglie a Filadelfia), è altrettanto vero che i motivi sono stati ben altri, probabilmente l'essere (come detto) fuori dagli schemi; ciò evidentemente, considerando la visibilità politica all'interno ed all'esterno del partito che avrebbe potuto acquisire in quanto sindaco della Capitale, non era cosa gradita ai vertici nazionali. Spiace pertanto il tono tuttora perentorio con cui Orfini, all'epoca commissario del Pd a Roma e primo artefice locale della cacciata di Marino dal Campidoglio, ancor oggi giustifica quei comportamenti. Ma la gioia per l'assoluzione del Nostro viene in questi giorni offuscata dalle notizie provenienti dall'Umbria; è un problema serio che Zingaretti sembra stia affrontando con fermezza e pacatezza di toni (smetterla con frasi tipo “giustizia ad orologeria”...lasciamole al centrodestra ed ai grillini!). Conviene ribadire che le responsabilità sono sempre personali, ma quando si crea un sistema di raccomandazioni nelle assunzioni pubbliche (in questo caso nella Sanità) è inevitabile che il partito, da sempre alla guida della regione, ne venga coinvolto in toto. Speriamo che la presidentessa Catiuscia Marini ne possa uscire presto (anche se alcune intercettazioni sembrerebbero inchiodarla) in modo da consentire il naturale corso della consiliatura e di poter dunque “spiegare” nel frattempo agli Umbri, chiamati ad una importante tornata amministrativa (oltre 60 città al voto), le altre buone cose fatte. In particolare sarà importante riconquistare Perugia, passata al centrodestra; il candidato sindaco, il giornalista di Rai 3, Giuliano Giubilei, è persona valida ed al di sopra di certe logiche e si sta impegnando per un Pd locale aperto al civismo, quindi con una immagine nuova, pare anche largamente condivisa in città...In generale però il problema della selezione di una nuova classe dirigente si pone in maniera impellente nel partito; speriamo quindi che l'impegno della Segreteria Nazionale sia davvero efficace al riguardo ed un messaggio di serio rinnovamento arrivi all'elettorato. Nè ci si può “consolare” per il fatto che le altre forze politiche non possono certo permettersi di “spararci addosso”: la Lega ha i ben noti problemi di finanziamenti, tra l'altro con quei 49 milioni di euro, una truffa allo Stato, da restituire in circa 90 anni (!!), i Cinquestelle hanno le piaghe scoperte della Giunta romana, oltre alla sindaco Appendino anche lei indagata. Credo invece che il partito, impegnato nella doverosa composizione delle liste per l'Europee ed a ricostruire un rapporto con i Sindacati, il mondo dell'imprenditoria e del Terzo Settore, debba spingere sull'acceleratore di una critica serrata e puntuale sul Governo e le sue scelte, con proposte immediatamente percepibili come alternative (su fisco, lavoro, welfare, pensioni, diritti....). I continui litigi nella compagine governativa possono aprire praterie per una nuova e puntuale azione politica; si pone però in modo impellente il problema della comunicazione del partito. In un recente articolo de “L'Espresso” si riportava come a livello di social, rispetto a Salvini ma anche allo stesso Di Maio, che pure ha un numero di “followers”decisamente inferiore al Ministro dell'Interno, il segretario Zingaretti sia molti passi indietro. E' interessante notare come, secondo l'articolo citato, sui social i grillini e i leghisti non si contrappongano così come capita sugli altri mezzi di informazione (e nella realtà); i Cinquestelle in particolare sul web continuano a prendersela col Pd, e si capisce bene: loro hanno disperato bisogno di recuperare consensi per cui le critiche a Salvini servono da un lato a “tranquillizzare” l'anima storica del Movimento, che soffrirebbe questo spostamento a destra, dall'altro l'attacco al Pd, come pure l'apparente attuale disponibilità verso l'accoglienza dei possibili immigrati che la crisi libica provocherebbe (dopo aver parlato fino a ieri sul tema come il leader della Lega!), è utile per coprirsi a sinistra. Ma se è naturale per il nostro partito criticare Salvini anche per il suo flirtare con i partiti di estrema destra in Europa, è un po' più difficile attaccare i Pentastellati, e non in quanto non vi siano argomenti su cui farlo, quanto perchè, al fine di recuperare i voti ivi traslocati, oltre la critica alle innumerevoli contraddizioni del sempre sorridente Di Maio e Co., esiste la necessità di una serie di proposte incisive e credibili. Abbiamo detto del rinnovamento del personale politico, ma non basta: occorre una politica estera seria, che non parli di “marchette” alla Francia e non corteggi i Gilet Gialli, nuove proposte per il lavoro, ma soprattutto fondamentale sarà porre le basi per una cultura della sinistra che vada dalla riaffermazione dell'interesse generale su quello privato alla “legittimazione del potere pubblico nell'imporre regole che non distruggano il corpo sociale” (come tra l'altro auspica l'astro nascente della Gauche francese, Raphael Glucksmann), ed un nuovo dialogo con le periferie. Ed alla luce della vicenda umbra và detto che tali casi impongono ormai non solo un ricambio del personale politico, quanto invece riforme radicali che non consentano più ad un singolo, sia esso Direttore Generale di un'ASL o un Dirigente Scolastico o della Pubblica Amministrazione, di avere poteri di scelta pressocchè assoluti (un po' meno per i Presidi c'è da dire) circa il personale da assumere o da promuovere; inevitabilmente, poiché certe cariche sono ancora di nomina politica, o comunque “non indifferenti” alla politica, determinate pressioni potranno essere sempre all'ordine del giorno..E' ora di imprimere una svolta al riguardo...Insomma, ci aspetta il periodo duro ma affascinante di una nuova consapevolezza: spetterà anche ai simpatizzanti e militanti non vanificare il tutto con polemiche di corto respiro. Buona Pasqua a tutti. Gianni Amendola N.B.: gli altri “Osservatori” sono disponibili sul blog del partito.