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martedì 24 marzo 2020

OSSERVATORIO MARZO 2020 NUMERO SPECIALE

L'OSSERVATORIO SPECIALE (22 marzo '20) Cari amici, in questi periodi di chiusura domestica, dove si uniscono sentimenti di speranza e di tristezza per la drammatica situazione del nostro Paese, è più facile trovare il tempo per scrivere alcune ulteriori riflessioni. Intanto debbo precisare come nel precedente Osservatorio, accennando all'epidemia da coronavirus, avevo indicato una mortalità che sembrava attestarsi sul 2-3%; purtroppo l'andamento dell'infezione è stato così immediatamente esplosivo che ogni parametro è stato stravolto, visto che il tasso di mortalità a tutt'oggi è intorno all'8%. Tale situazione epidemiologica riguarda però esclusivamente la Lombardia; nello stesso Veneto infatti si è sul 2.6-3%. Non è compito di queste righe spiegare le ragioni (più di una) di tale drammatico bilancio; si può ragionevolmente ritenere essere stato dovuto inizialmente alla concomitante presenza di due fattori: un “paziente superinfettante” (così come viene definito un soggetto in grado di contagiare da solo numerose persone), il cosiddetto “paziente 1”, e la sua necessità di doversi recare per 2 volte presso lo stesso P.S. (a Codogno). Ma se ora la cittadina lodigiana non è più zona rossa, lo stanno diventando Bergamo, Brescia e Cremona, una porzione di Lombardia ad altà densità di popolazione e di insediamenti industriali. Ma forse tutto ciò ancora non basta a spiegare l'elevata mortalità (oltre l'anzianità della popolazione): è che nel bergamasco, come ha detto il prof. Garattini, peraltro proprio di quelle parti, direttore dell'Istituto Mario Negri, da sempre riferimento della farmacologia italiana ed europea, si è preferito più “la protezione dell'attività economica rispetto alla tutela della salute” (testuale), quindi un'iniziale sottovalutazione. Poi sarà anche doveroso, come ha sottolineato la virologa Ilaria Capua (quella che, all'epoca in cui sedeva in Parlamento, venne accusata da Di Battista di “traffico di virus” e che, finita sotto processo, venne poi pienamente assolta, senza però le dovute scuse del “Che Guevara” pentastellato), pensare ad un controllo degli impianti di aerazione delle corsie ospedaliere, ricordando che l'epidemia di SARS (da altro coronavirus) a Hong Kong era nata dalla scoperta del microorganismo tra le tubature. Ma non si dimentichi ahimè il recente incontro di calcio tra Atalanta e Valencia, definita “una bomba biologica” e che doveva essere evitato! Come dissi nel precedente Osservatorio accanto al dramma sanitario c'è però una questione politica che potrebbe esplodere (non subito), nonostante la moral suasion del Capo dello Stato nel trovare e mantenere un clima di massima collaborazione bipartisan. Tutto ha ruotato intorno alla questione delle misure da prendere che il Presidente della Lombardia avrebbe voluto più drastiche (tipo Wuhan), mentre il Governo è sembrato mantenere fino ad ieri (21/3) una linea più tendente alla responsabilizzazione delle persone (non uscire, non stare in gruppo, mantenere il distanziamento sociale ad almeno 1 m.). Ma il Presidente del Consiglio ha appena annunciato in tv misure ancor più restrittive circa le attività produttive, concordate anche con i sindacati, i quali non hanno nascosto la loro iniziale difficoltà nell'accettare chiusure di fabbriche “non dovute ai padroni”, ma ad un'emergenza sanitaria che non ha eguali in passato. Non è stata, non è però una questione riguardante solo l'entità delle disposizioni, quanto in ultima analisi il ruolo delle Regioni e dello Stato in una situazione del tutto nuova in Italia. Qui entra in ballo in sostanza il Titolo V, approvato in un contesto politico nel quale, se non proprio il federalismo quantomeno un regionalismo spinto, sembrava essere la fideistica soluzione (anche per una parte della sinistra) del funzionamento del Paese. Le Regioni possono comunque decidere di prendere misure ancora più drastiche riguardo al “coronavirus”, o anche lo Stato potrebbe assumersene le responsabilità, ma le Regioni hanno un riconosciuto forte potere di confronto. Si consideri poi che la situazione sanitaria nel Centro-Sud non è al momento la stessa che al Nord (anzi, assistiamo ad un Mezzogiorno che lo sta aiutando, mettando a disposizione posti di terapia intensiva e inviando, come sta avvenendo, medici a sostegno dei propri colleghi lombardi), per cui pretendere un'uniformità di misure che toccano anche le attività economiche rimane un problema di non facile composizione, come peraltro si è già visto, sul versante sanitario, sulla gestione del numero dei tamponi. Allora: perchè Fontana (o Zaia o Cirio) non ha deciso prima per misure ancor più stringenti? Perchè la normativa che regola i rapporti tra Stato e Regioni, in casi del genere, non è chiara e richiederebbe alcune “contorsioni” costituzionali al fine di consentire la “centralizzazione” delle decisioni da parte del Governo? Ma se è così allora come non spiegarlo subito? Una parola più chiara (da tutti) su un tema del genere avrebbe aiutato la comprensione della gente! Tutto ciò fà pensare che qualcuno abbia forse voluto giocare una partita di altra natura (senza per nulla voler insinuare che i Presidenti delle Regioni, pur di fare polemica politica, abbiano scelto deliberatamente di non assumersi certe responsabilità...). E come inquadrare diversamente, in un momento in cui si chiede unità e condivisione, la recente denuncia “urlata”della Meloni circa la situazione nelle Marche (in particolare la provincia di Pesaro-Urbino) se non come il tentativo di alzare continuamente la posta, instillando nella nella testa delle persone l'idea di una costante insufficienza delle misure governative? E le Marche si sa sono una delle Regioni chiamate tra qualche mese alle urne!! Si torna sempre “a bomba”, come si dice! Infatti, poichè i sondaggi, dato il clima nel Paese, sembrano premiare il Governo e che gli stessi mostrano un riavvicinamento tra le varie forze politiche, è ovvio che soprattutto il leader del Centrodestra “soffra” e cerchi un argomento, al di là delle felpe indossate, che lo metta al centro del discorso politico. Ora poi che la Von der Leyen chiede di superare la logica del Patto di Stabilità, attenuandone all'origine la polemica anti-europeista, cosa gli rimane? Forse la perenne, “solita” polemica col Papa; il recente severo monito del Pontefice contro l'evasione fiscale, che non consente di avere le risorse necessarie per sostenere una sanità pubblica ed universale al fine di garantire a tutti adeguata assistenza, ha trovato Salvini pronto a dichiarare, in un video immediatamente successivo, che l'unica strada per l'Italia è la sospensione di ogni tassazione, il rinvio di ogni incombenza fiscale al prossimo anno (e con Berlusconi a riparlare di flat tax), quasi a voler “marcare” il territorio: sulle tasse deve essere sua (e del Centrodestra) ogni ultima parola! Del resto, non c'era stato un terreno preparato ad hoc dall'assurda polemica iniziata da M. Giovanna Maglie (giornalista, vera pasionaria del salvinismo), ripresa poi da Sallusti, circa la “passeggiata” del Papa nel centro di Roma, come risposta alle polemiche di qualche giorno prima scatenate per le foto di Salvini e la sua compagna in giro per la Città Eterna, in tempi di quarantena? Il Pontefice, potremmo dire, si è mosso per “lavoro”: recarsi nella chiesa dov'è situato il crocefisso invocato dai romani durante la peste del '500! E allora: quale il senso di aver voluto sollevare una simile polemica, se non quello per cui il Papa è da tempo nel mirino dei sovranisti non solo italiani, dunque un nemico da delegittimare ad ogni costo (e di questo avevo già parlato in precedenti Osservatori)? Infine, come uscirà il Paese da questa drammatica vicenda è difficile prevederlo; c'è ora una sostanziale condivisione delle misure e precauzioni prese, ma se la cosa durasse “troppo”, e soprattutto se il quadro economico si rivelasse poi pesantemente devastato, tanta gente presenterà il conto alla Politica. Questo è il timore: lo strappo e la lacerazione del Paese, su cui i sovranisti in salsa locale potrebbero banchettare allegramente. Gianni Amendola

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